Elezioni 2022 - Meloni-Salvini: dagli amici mi guardi Iddio...
- di: Diego Minuti
Che cosa buffa: una coalizione che va, a vele spiegate, incontro ad una vittoria schiacciante, di fatto vedendo gli avversari più a scannarsi tra di loro che a cercare di sconfiggere il centro-destra, sembrano cercare ogni occasione per complicarsi la vita, per rendere difficile anche la cosa più semplice. Ci sarebbe da essere preoccupati, per gli elettori che si riconoscono nell'alleanza tra Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, temendo che si stia tirando troppo la corda, lanciandosi in polemiche che potrebbero apparire anche pretestuose, nonostante l'importanza degli argomenti che le scatenano.
Prendiamo la - chiamiamola così, per non infierire - diversità di vedute sull'eventualità di fare uno scostamento di bilancio per consentire al governo di fronteggiare, con le giuste armi finanziarie, la crisi che sta colpendo le famiglie italiane per il lievitare delle bollette energetiche.
Su questo punto, che sarebbe fondamentale per questo governo, ma soprattutto per il prossimo/i prossimi, Salvini e Meloni la vedono in modo diametralmente opposto, con il primo a sostenere, in continuazione, in ogni occasione, anche se si parla di altro, che bisogna andare in debito con le casse dello Stato per una trentina di miliardi (anche se forse, dice, potrebbero occorrerne di più), mentre la seconda non è affatto d'accordo, guardando a come questa eventuale mossa andrebbe a gravare sulle spalle di figli e nipoti.
Meloni polemica nei confronti di un Salvini troppo critico verso di lei
Posizioni rispettabili, ma assolutamente antitetiche, non solo per gli aspetti meramente di bilancio, quanto di prospettiva perché inaugurare la prossima legislatura con un ulteriore fardello di debito pubblico sarebbe un fattore negativo. Insomma, sui piatti della bilancia, c'è Salvini che pensa una cosa e Meloni che la vede in modo esattamente opposto. Per nostra fortuna, sarà cosa che risolveranno tra di loro, con il segretario della Lega che confida di potere, con questa sua vera e propria campagna, avere raggranellato altro consenso. Che gli serve come il pane, visto che rischia di vedere la Lega staccata e di molto da Fratelli d'Italia.
Ma, tornando all'assunto iniziale, a quanto sta accadendo nel centro-destra, in cui Forza Italia sembra testimone e non co-protagonista. Nell'ambito dell'alleanza la sua marginalizzazione è resa sempre più evidente da una campagna elettorale che poggia solo sui quasi mai convincenti exploit in video di Berlusconi, con Tajani a cercare di turare le falle di una comunicazione carente, mancando di personaggi in grado di sostenerla.
Quindi tutto si riduce in un quotidiano testa a testa tra Fratelli d'Italia e Lega, che tutto può fare meno che essere utile alla coalizione. Partendo dal presupposto che - a meno di un intervento congiunto delle tante Madonne citate e celebrate da Salvini - la Lega guarderà da lontano e dal basso FdI, l'esasperazione della contesa tra i due leader potrebbe alla fine nuocere e parecchio. Non tanto all'esito delle elezioni o al fatto che Giorgia Meloni sarà la più votata - come partito - , quanto perché, quando si tratterà di discutere (o accapigliarsi) per questo o quel ministero, la situazione potrebbe diventare molto tesa.
Anche perché Salvini continua a martellare con la richiesta di tornare al Viminale, e lo ha fatto, anche poche ore fa, usando delle frasi e dei concetti che non sappiamo sino a che punto possano essere condivise, nei contenuti e nella forma, da una Giorgia Meloni che cerca, quotidianamente, di allontanare da sé ombre e sospetti ideologici. Perché sentire dire, al tuo alleato più forte ''Non vedo l'ora che la Lega torni ad occuparsi dei confini perché non se ne può più di clandestini che spacciano e rubano'', non è una semplice rivendicazione di un ministero, quanto l'esplicitazione di una linea dura che non spetta al singolo, ma all'esecutivo.
Quando Giorgia Meloni sostiene che il blocco navale davanti alle coste nord-africane è la sola misura veramente efficace (anche se forse non tiene conte delle altre rotte dell'immigrazione clandestina, non meno pericolose, come quella turca), lo fa proponendo qualcosa che prevenga o impedisca gli sbarchi. Salvini, invece, anticipa già che - lui condottiero del Viminale - sarà la macchina della repressione del fenomeno a risolvere il problema.
Un unico obiettivo, con due soluzioni apparentemente lontane. Troppo per venire da due alleati che, dal 26 settembre, dovranno trovare tempi e modi per convivere nelle stesse stanze del potere.