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La Banca del Giappone alza i tassi: fine dell’era “gratis”?

- di: Bruno Legni
 
La Banca del Giappone alza i tassi: fine dell’era “gratis”?
La Banca del Giappone alza i tassi: fine dell’era “gratis”?

La Banca del Giappone alza i tassi: fine dell’era “gratis”?

(Foto: il govermatore della Banca del Giappone - BoJ - Kazuo Ueda).

Dallo 0,5 allo 0,75%: la BoJ accelera la normalizzazione, ma lo yen scivola e i conti pubblici tremano. 

Tokyo gira pagina (un’altra volta) e lo fa con un gesto che, in Giappone, pesa più di un semplice quarto di punto: la Bank of Japan ha portato il tasso di riferimento a circa 0,75%, livello che riporta l’orologio indietro di tre decenni, ai tempi in cui l’economia cercava di uscire dalle macerie della bolla e dall’inizio della lunga stagione di prezzi pigri.

La mossa era attesa dai mercati, ma il messaggio è tutto fuorché “pilota automatico”: l’istituto guidato da Kazuo Ueda rivendica una maggiore fiducia nel fatto che salari e prezzi possano continuare a camminare insieme, senza ricadere nella vecchia trappola della deflazione.

Perché la BoJ ha deciso di alzare proprio ora

Il cuore del ragionamento è un equilibrio delicato: inflazione ancora sopra bersaglio e, soprattutto, la speranza che la dinamica dei salari non sia un fuoco di paglia. Nelle comunicazioni della banca centrale, ricorre l’idea di un “meccanismo” in cui retribuzioni e prezzi crescono in modo moderato e continuativo.

Tradotto: se le imprese continuano ad aumentare gli stipendi e poi a trasferire parte dei costi sui listini, la BoJ può “togliere un po’ di piede dall’acceleratore” senza dover frenare bruscamente l’economia.

Il dettaglio tecnico che conta

La BoJ indirizza il tasso overnight non collateralizzato verso circa 0,75% e adegua gli strumenti collegati (come la remunerazione di alcune riserve). Ma, nello stesso tempo, insiste su un punto chiave: i tassi reali, al netto dell’inflazione, restano ampiamente in territorio negativo. In altre parole: stretta sì, ma “a passo misurato”.

La reazione dei mercati: lo yen non festeggia

Qui sta il paradosso che fa discutere: al rialzo dei tassi non corrisponde automaticamente una valuta più forte. Nelle ore successive alla decisione, lo yen si è indebolito contro dollaro, segno che gli operatori guardano soprattutto al differenziale con gli Stati Uniti e alla traiettoria futura, non al singolo scatto di oggi.

Il copione è noto: se la Federal Reserve resta “alta più a lungo”, lo yen fatica; se invece i tassi Usa scendono più rapidamente, la valuta giapponese può respirare. È una partita di scacchi a distanza, con un terzo convitato: il rischio geopolitico (e la percezione del rischio globale) che spesso spinge gli investitori verso il dollaro.

Bond giapponesi: il 2% dei decennali come soglia psicologica

L’altra onda lunga si vede sui titoli di Stato: i rendimenti dei JGB decennali si sono spinti su livelli che non si vedevano da molti anni, avvicinando (e in alcuni passaggi superando) l’area del 2%. Per un Paese abituato a finanziarsi “quasi gratis”, è un cambio di paesaggio.

E non è solo una questione da trader: più salgono i rendimenti, più sale il costo del debito per lo Stato. In una fase in cui Tokyo ha varato un pacchetto di stimolo molto robusto, la sensibilità dei conti pubblici al costo del denaro diventa un tema politico oltre che economico.

L’economia reale: inflazione tenace, crescita a singhiozzo

Il Giappone arriva a questo rialzo con indicatori che raccontano due storie in parallelo. Da un lato, i prezzi: l’inflazione di fondo resta intorno al 3%, sopra il target del 2% da molto tempo, alimentata anche da componenti come alimentari ed effetti di cambio. Dall’altro, la crescita: il Prodotto interno lordo estivo (luglio-settembre) ha mostrato una contrazione più marcata del previsto nella lettura rivista.

È qui che la BoJ prova la “camminata sul filo”: normalizzare senza far inciampare un’economia che, per struttura demografica e produttiva, è meno elastica rispetto ad altre grandi aree.

La strategia in prospettiva: normalizzazione, ma a piccoli morsi

L’aumento allo 0,75% si inserisce nel percorso avviato con l’uscita dai tassi negativi e con il progressivo ridimensionamento delle misure ultra-espansive. La BoJ, oggi, prova a costruire una narrazione coerente: se lo scenario di base regge, i rialzi possono proseguire gradualmente; se invece l’economia globale rallenta o i mercati si irrigidiscono, la traiettoria può diventare più prudente.

In sintesi: non è un “ritorno al passato” fatto di rialzi aggressivi, ma un tentativo di uscire dalla straordinarietà con un obiettivo molto giapponese: evitare scossoni.

Cosa osservare adesso: tre spie sul cruscotto

  1. Salari: se gli aumenti reggono anche nel prossimo ciclo di trattative, la BoJ si sentirà più coperta.
  2. Yen: una valuta troppo debole può alimentare inflazione “importata” e irritare famiglie e politica.
  3. Rendimenti e debito: se il mercato dei JGB chiede un premio più alto, il conto per Tokyo cresce rapidamente.

Il punto è tutto qui: la BoJ prova a chiudere un’epoca senza aprire una crisi. Missione affascinante. E rischiosa.

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