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Usa: inflazione stabile, consumi resistenti e bilancia in affanno

- di: Matteo Borrelli
 
Usa: inflazione stabile, consumi resistenti e bilancia in affanno
USA, PCE ferma al 2,6%: consumi tengono, deficit commerciale sale
La PCE resta stabile a luglio, redditi e consumi tengono, ma il deficit commerciale esplode: scenari vivaci per la Fed.

Economia Usa: i numeri di luglio scottano e rincuorano allo stesso tempo

Inflazione al consumo: stabile ma sotto i riflettori

A luglio il celebre indice PCE – ossia l'inflazione al consumo, l’asticella preferita della Fed per misurare l’inflazione – è rimasto invariato su base annua al 2,6%, allineandosi perfettamente alle aspettative degli economisti. Sul fronte mensile, l’aumento è stato contenuto in un modesto +0,2%, confermando l’andamento misurato atteso dal mercato.

Tuttavia, l’indice “core” – cioè al netto di cibo ed energia – ha mostrato un’accelerazione, salendo al 2,9% annuo, dal 2,8% di giugno, con un incremento mensile di +0,3%. È il valore più alto registrato da febbraio, indicazione di pressioni sottostanti che la Fed non può ignorare.

Redditi e spese: consumatori ancora in pista

Il reddito personale è cresciuto dello 0,4% a luglio e le spese per consumi hanno fatto segnare un +0,5%: dati coerenti con le attese e sintomo di una domanda interna ancora solida.

Deficit commerciale in forte aumento

Il commercio estero Usa ha registrato un duro colpo: il deficit dei beni a luglio è esploso del 22,1%, attestandosi a 103,6 miliardi di dollari, ben al di sopra delle previsioni che indicavano intorno ai 90 miliardi. Le importazioni, spinte al rialzo di 18,6 miliardi (a 281,5 mld), si contrappongono a un leggero calo delle esportazioni (–0,1 mld, a 178 mld). Questo aumento repentino rischia di frenare la crescita del PIL nel terzo trimestre, secondo l’Atlanta Fed.

Cosa significa tutto questo per la Fed e i mercati

Il quadro che emerge è dinamico e multifacetico: inflazione sotto controllo, ma core inflation in risalita, consumi vigorosi e import/export in tensione.

Da un lato, l’inflazione headline ferma al 2,6% supporta l’ottimismo per un possibile taglio dei tassi nella riunione di settembre. I futures indicano una probabilità intorno all’87% per un taglio.

Dall’altro, la tenuta dell’inflazione core a livelli non marginali suggerisce prudenza: il rischio è che un taglio troppo veloce alimenti una ripresa dei prezzi nei servizi e nei beni durevoli.

Il deficit commerciale, inoltre, rappresenta una variabile destabilizzante. La sua escalation compromette il contributo positivo del settore estero alla crescita del PIL — un campanello d’allarme per il Q3.

Insomma, la Fed si trova nel bel mezzo di un equilibrio sottile: monitorare il lavoro e non dare troppo respiro ai mercati, garantendo al contempo che i consumi non si raffreddino troppo bruscamente.


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