L’Europa tratta, Tokyo trema, Hanoi brinda: corsa contro il tempo per evitare il ritorno della guerra commerciale.
In un crescendo di tensione, Moody’s ha lanciato l’allarme: il rischio che i dazi americani si traducano in rallentamento economico è concreto e potrebbe mettere pressione sui rating sovrani. L’agenzia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globali per il 2025, citando le incertezze commerciali come fattore determinante.
Scadenza 9 luglio: Trump non ci sta a slittare
Donald Trump ha chiarito che non intende prorogare la sospensione dei dazi oltre il 9 luglio: lo ha ribadito in un’intervista su Fox, annunciando l’invio di lettere ai Paesi partner con l’avviso del rialzo dei dazi fino al 50% su beni selezionati. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, avverte: “i dazi ‘Liberation Day’ potrebbero tornare se non si negozia in buona fede”.
Intese in corso: Ue, Giappone, India, Vietnam
- Unione europea: Bruxelles è disposta ad accettare un dazio-base del 10%, chiedendo tuttavia aiuti su settori chiave. Il commissario Sefcovic tratta a Washington; la Commissione è pronta a un piano B.
- Giappone: pressioni pesanti da parte di Trump, che propone dazi fino al 24-35% su auto e riso, lamentando scarsa apertura nei confronti degli Usa.
- India: in fase avanzata, ma restano nodi per agricoltura e latticini; accordo possibile su un “framework” prima del 9 luglio.
- Vietnam: intesa siglata questa settimana: dazio Usa al 20% sulle esportazioni vietnamite, mentre il Vietnam elimina i dazi sulle importazioni dagli Usa – accordo celebrato da Trump come “win-win”.
- Taiwan, Canada, Corea del Sud, Thailandia e altri: trattative in corso, possibili proroghe sul “baseline” dazio 10%.
Mercati, rating e rischi geopolitici
Moody’s ha modificato al ribasso le stime di crescita per il 2025, motivando l’atteggiamento “difensivo” di investitori e governi. La Fed ha sospeso i tagli ai tassi, con Jerome Powell che attribuisce alla pressione delle tensioni commerciali, sottolineando come l’inflazione ne tragga spinta.
Wall Street trema all’idea del ritorno dei dazi: un’escalation potrebbe produrre shock sui titoli azionari e sulle obbligazioni, col rischio di frenate di liquidità e rialzo dei rendimenti.
Tra bluff e bluff
Il ritmo convulso delle trattative e la tattica dello “scandalo massimo” – prima lo stop ai dazi, poi la minaccia di rialzo – sono diventati consueti per Trump, che spesso cerca di spingere gli interlocutori su decisioni sotto pressione.
Pesa però un limite di fondo: il debito Usa continua a gravare. Moody’s ha declassato l’outlook degli Stati Uniti, evidenziando come un irrigidimento commerciale prolungato rischi di erodere la fiducia nella capacità di finanziamento di Washington.
Se la scadenza slitterà per più Paesi – come suggerito da Bessent in caso di buona volontà – gli effetti sul commercio mondiale e sulle filiere potrebbero essere diluiti. Ma ogni proroga ingigantisce l’incertezza.
Un bivio
Siamo a un bivio: entro il 9 luglio sarà chiaro se il bluff trumpiano è servito per stringere accordi o se la scossa sui mercati — per dazi davvero al rialzo — è dietro l’angolo.
- Se si chiude: una fase di tensione si allenterà, Ue e Asia potranno respirare, e i rating globali torneranno sotto la lente con maggiore fiducia.
- Se non si chiude: si innesca una tempesta perfetta: crescita mondiale frenata, rialzo inflazione e tassi, rischi finanziari e diplomatici amplificati.
Stiamo a vedere: tra poche ore sapremo se questo capitolo di guerra commerciale chiude con un colpo di scena o spalanca uno scenario più tumultuoso.