Meloni smentisce il congelamento, la Lega spinge sul Tfr e sull’uscita a 64 anni, i sindacati insorgono: numeri, rischi e possibili scenari dal 2026.
Il quadro: la riforma si farà, ma i paletti sono rigidi
La riforma delle pensioni è aperta ma tutt’altro che definita. Il governo discute da mesi tra congelamento degli scatti legati alla speranza di vita, uscita flessibile tra 62 e 64 anni e spinta alla previdenza complementare attraverso il Tfr in automatico nei fondi. Sullo sfondo, i conti pubblici: ogni allentamento pesa e va coperto in una fase in cui il debito resta elevato e la crescita stenta.
Meloni frena sul “congelamento”: il segnale ai mercati
Dopo indiscrezioni su un possibile blocco dell’età di vecchiaia a 67 anni, la premier ha smontato l’ipotesi: “Il governo non ha discusso piani per congelare l’età pensionabile a 67 anni.” Messaggio politico e finanziario: evitare un segnale di lassismo proprio mentre si disegna la legge di bilancio 2026.
La spinta leghista: 64 anni (con soglia) e Tfr in soccorso
La Lega insiste su una via d’uscita a 64 anni, con almeno 25 anni di contributi e soglia minima dell’assegno (intorno a tre volte l’assegno sociale, con riduzioni per le madri). L’innovazione è duplice: estendere la via contributiva anche ai “misti” e usare il Tfr come rendita ponte per colmare il gap fino alla soglia. In maggioranza il dialogo è aperto: “Ho già parlato con il ministro Giorgetti, c’è disponibilità a inserirlo in manovra.”
Numeri e realtà: chi davvero riuscirebbe a uscire prima
Dietro la flessibilità c’è il muro dei numeri. La soglia per uscire a 64 anni si è alzata negli ultimi anni e crescerà ancora con l’adeguamento del 2027. Per molti redditi bassi o carriere discontinue, l’uscita anticipata resta un miraggio. Il Tfr può aiutare, ma non basta in gran parte dei casi: chi non ha carriere stabili o retribuzioni medio-alte rischia di restare escluso.
L’adeguamento alla vita media: il nodo dei tre mesi in più
Senza interventi, dal 2027 l’età di vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi, mentre l’anticipata crescerebbe di tre mesi (uomini a 43 anni e 1 mese, donne a 42 anni e 1 mese). Bloccare l’adeguamento costa: occorrono coperture già tra 2027 e 2028, con effetti cumulati significativi nel decennio. È la ragione per cui a Palazzo Chigi la parola d’ordine è prudenza.
Pubblico impiego, il fronte caldo: penalità e finestre più lunghe
Nel pubblico impiego monta la protesta sindacale: si teme una stretta su calcoli e finestre che, tra penalizzazioni e attese più lunghe, potrebbe ridurre le uscite e tagliare gli assegni futuri per chi ha carriere frastagliate o con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Il tema è politicamente esplosivo e può condizionare tempi e contenuti della riforma.
Previdenza complementare: dal silenzio-assenso al “default” nei fondi
Il capitolo Tfr è la leva scelta per spingere la previdenza complementare. L’ipotesi più concreta: per i neoassunti dal 2026 il Tfr finisce nei fondi pensione in automatico con opt-out entro sei mesi. Obiettivo: aumentare l’adesione e garantire pensioni più dignitose a chi ha carriere discontinue. Effetto collaterale: minore liquidità per le imprese che oggi trattengono il Tfr in azienda.
Chi vince e chi perde
Vincono i lavoratori stabili con retribuzioni medio-alte, che possono centrare la soglia a 64 anni (anche con l’aiuto del Tfr). Perdono i precari e chi ha buchi contributivi: per loro la flessibilità rischia di restare sulla carta. Le donne potrebbero avere soglie ridotte legate alla maternità, ma l’effetto potrebbe non bastare a colmare i divari di carriera.
La posta in gioco: credibilità fiscale e fiducia degli investitori
Le pensioni assorbono già una quota molto elevata di spesa pubblica: ogni deviazione dagli automatismi richiede coperture e può riaccendere il rischio Paese. Se la riforma garantirà flessibilità mirata senza strappi sulla spesa, il segnale a Bruxelles e ai mercati resterà gestibile. In caso contrario, il conto si presenterebbe rapidamente.
Le frasi chiave
“Il governo non ha discusso piani per congelare l’età pensionabile a 67 anni.” — Giorgia Meloni.
“Ho già parlato con il ministro Giorgetti, c’è disponibilità a inserirlo in manovra.” — Claudio Durigon.
Riforma sì, ma senza illusioni
Il cantiere previdenza si apre davvero solo se si dirà la verità: l’uscita anticipata a 64 anni non è per tutti, il Tfr aiuta ma non risolve, bloccare gli scatti costa. La soluzione più solida è combinare una flessibilità selettiva, tutele per redditi bassi e carriere discontinue, e spinta forte alla previdenza complementare. Tutto il resto è propaganda.