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Manovra, tassa sui pacchi e bonus tombe: cosa cambia

- di: Vittorio Massi
 
Manovra, tassa sui pacchi e bonus tombe: cosa cambia
Manovra, tassa sui pacchi e bonus tombe: cosa cambia
Dalla stretta sul fast fashion alla tassa sui pacchi extra Ue, dal bollo sui contanti al bonus tombe: la maggioranza inonda la manovra di emendamenti che cambiano la vita quotidiana di famiglie, imprese e risparmiatori.

(Foto: la promozione della consegna di un pacco).

Una pioggia di emendamenti, migliaia di proposte depositate in commissione Bilancio al Senato, sta ridisegnando la manovra 2026. Nella maggioranza ogni partito prova a lasciare il proprio marchio: c’è chi punta al pugno duro sul fast fashion cinese, chi difende gli affitti brevi, chi chiede più risorse per sicurezza e forze dell’ordine e chi scommette su bonus mirati, dalle tombe ai libri scolastici, fino alla decontribuzione per le lavoratrici madri.

Il risultato è un mosaico di misure che, se approvate, potrebbero cambiare parecchi tasselli del quotidiano: quanto paghiamo un pacco ordinato online da un sito extra Ue, come gestiamo i pagamenti in contanti, quanto costa affittare un appartamento per pochi giorni o per anni, quale carico fiscale grava su banche e assicurazioni, che incentivi esistono per assumere e per sostenere la natalità.

Fast fashion e pacchi extra Ue: la nuova frontiera della tassa

Uno dei capitoli più simbolici riguarda la guerra dichiarata ai colossi dell’ultra fast fashion e dell’e-commerce a prezzi stracciati, con nomi come Shein e Temu sullo sfondo. L’emendamento della maggioranza prevede che le imprese extra Ue che esportano in Italia abbigliamento e accessori riconducibili a questo modello produttivo debbano dimostrare esplicitamente il rispetto delle norme europee su sicurezza dei prodotti, tutela ambientale e diritti dei lavoratori.

Non basta. Arriva anche una tassa da 2 euro su ogni pacco in arrivo da Paesi extra Ue con valore dichiarato fino a 150 euro. Si tratta proprio della fascia di prezzo dove si concentrano molti ordini online low cost. La misura dialoga con il dibattito europeo: a livello Ue, infatti, si discute da mesi di interventi per tassare in modo più incisivo i piccoli colli provenienti da piattaforme extra europee, anche per limitare l’impatto ambientale e riequilibrare la concorrenza con i rivenditori europei.

I sostenitori della misura parlano di “gioco ad armi pari” per il commercio tradizionale e di un primo filtro contro la concorrenza sleale. I critici sottolineano il rischio che la tassa ricada direttamente sui consumatori finali, trasformando la spedizione in un piccolo salasso ogni volta che si clicca “acquista ora”.

Contanti, bollo speciale e tetto che sale

Altro fronte caldo: il contante. Oggi il limite per i pagamenti in cash è fissato a 5.000 euro; oltre questa soglia scattano vincoli e sanzioni. Con gli emendamenti, però, compare una novità che cambierebbe gli equilibri: una imposta di bollo speciale da 500 euro per i pagamenti in contanti compresi tra 5.001 e 10.000 euro.

In pratica, chi volesse effettuare pagamenti in contanti in quella fascia dovrebbe mettere in conto un “biglietto d’ingresso” da 500 euro. Di fatto, si tratterebbe di un innalzamento implicito del tetto al contante, ma introdotto attraverso un prelievo una tantum su chi sceglie il cash per cifre più elevate.

I promotori dell’emendamento sostengono che questa soluzione tenga insieme due obiettivi: da un lato una maggiore flessibilità d’uso del contante, dall’altro un gettito immediato per le casse pubbliche e un segnale di tracciabilità. Chi teme l’aumento dell’economia sommersa però vede nella mossa un passo indietro nella lotta al nero, con il rischio che la tassa venga considerata da alcuni come un “costo di gestione” accettabile pur di restare fuori dai circuiti elettronici.

Affitti brevi sotto tiro, affitti lunghi da premiare

Il dossier casa è uno dei più sensibili. La manovra, nella sua versione iniziale, alza al 26% la tassazione sugli affitti brevi, colpendo chi affitta tramite piattaforme digitali e i locatori che puntano sul turismo mordi e fuggi. Nella maggioranza, però, c’è chi chiede uno stop secco a questo aumento: l’obiettivo dichiarato è evitare di penalizzare piccoli proprietari e operatori che hanno investito su questo segmento.

Parallelamente, un altro emendamento propone di premiare la stabilità: per i contratti di locazione a lungo termine verrebbe introdotta una cedolare secca agevolata, più bassa di quella ordinaria, per incoraggiare i proprietari a optare per formule stabili anziché per l’affitto turistico. L’idea è chiara: rendere più conveniente affittare per anni piuttosto che per pochi giorni, nella speranza di attenuare la pressione sugli affitti nelle grandi città.

Le associazioni degli inquilini guardano con interesse alla cedolare agevolata sui contratti lunghi, mentre diversi sindaci e comitati nei centri turistici accusano gli affitti brevi di contribuire alla desertificazione residenziale dei centri storici. La partita sugli emendamenti può quindi spostare pesi e contrappesi di un settore già infuocato.

Libri scolastici, bonus tombe e altre misure di nicchia

Nel mare degli emendamenti spuntano anche interventi apparentemente “di nicchia”, ma con effetti molto concreti. Uno riguarda le famiglie con figli alle superiori: viene proposta una detrazione del 22% sulle spese per l’acquisto dei libri scolastici, con un onere per lo Stato stimato in decine di milioni l’anno a partire dal 2026. Un aiuto non banale in un contesto in cui, ogni settembre, i conti per i testi scolastici pesano sempre di più sui bilanci domestici.

Poi c’è il provvedimento che ha fatto più discutere sul piano simbolico: il cosiddetto “bonus tombe”. L’emendamento prevede una detrazione del 36% per interventi di manutenzione, restauro o ristrutturazione di tombe, cappelle e sepolcri. Una sorta di “bonus edilizio” applicato ai luoghi di sepoltura, giustificato dai proponenti come strumento per preservare il patrimonio funerario e alleggerire il peso economico su famiglie e confraternite.

Da un lato c’è chi sottolinea che si tratta di una misura limitata e mirata, destinata a un ambito spesso trascurato. Dall’altro, le critiche la bollano come un intervento di immagine, difficilmente prioritario rispetto a sanità, scuola o welfare.

Banche, oro e sicurezza: chi paga il conto

Un altro tassello centrale della valanga di emendamenti riguarda il sistema finanziario. La manovra già prevede un aumento dell’Irap per banche e assicurazioni; con i nuovi emendamenti si chiede di andare oltre, raddoppiando di fatto l’incremento: l’aliquota base verrebbe portata al 4%, con l’obiettivo di raccogliere oltre un miliardo l’anno nel triennio da destinare al comparto sicurezza.

Non è tutto. Un’altra proposta punta a una tassazione agevolata sulla rivalutazione dell’oro detenuto da alcuni operatori finanziari, con un’aliquota intorno al 13% (altre ipotesi si fermano al 12,5%). L’idea è quella di liberare gettito senza toccare direttamente i redditi da lavoro o i consumi, sfruttando le plusvalenze potenziali accumulate nel tempo.

Dal punto di vista della narrazione politica, il messaggio è chiaro: banche e assicurazioni devono contribuire più di altri a finanziare sicurezza e servizi. Gli istituti di credito, però, avvertono che un ulteriore aggravio fiscale rischia di riflettersi su condizioni e costi applicati a famiglie e imprese, comprimendo il credito proprio mentre l’economia ha bisogno di investimenti.

Più forze dell’ordine e vigili del fuoco

In parallelo alle nuove entrate chieste al sistema finanziario, gli emendamenti prevedono assunzioni straordinarie nel comparto sicurezza. Il piano punta a inserire oltre 3.100 nuove unità nelle forze di polizia e circa 3.900 nei vigili del fuoco, per un totale di migliaia di nuovi ingressi in divisa.

Le organizzazioni sindacali del settore sicurezza da tempo sottolineano la necessità di rafforzare organici invecchiati e sotto pressione, soprattutto nelle grandi città e nelle aree più critiche. Questi emendamenti vengono letti come una risposta parziale alle loro richieste: nuovi concorsi, più presidi sul territorio, maggiore capacità di intervento in caso di emergenze e calamità.

Resta però aperta la questione delle risorse stabili: se gli oneri per il personale saranno coperti davvero da aumenti di imposte su banche e assicurazioni o da altre voci di gettito, e se questo equilibrio reggerà nei prossimi anni senza generare nuovi buchi di bilancio.

Decontribuzione per le madri: lavoro e natalità al centro

Uno dei capitoli più ambiziosi sul piano sociale è la decontribuzione per le lavoratrici madri, con un occhio alla natalità e alla partecipazione femminile al lavoro. L’emendamento prevede, per il 2026, una misura diretta a favore sia delle dipendenti sia delle autonome con figli, a condizione che il loro reddito annuo non superi i 40.000 euro.

In pratica, una quota dei contributi versati verrebbe azzerata o ridotta, senza intaccare il futuro diritto alla pensione. L’obiettivo dichiarato è duplice: ridurre il cuneo fiscale sul lavoro femminile e rendere meno costoso, per le donne, restare o rientrare nel mercato dopo la maternità.

Economisti e demografi ricordano però che, per invertire davvero la rotta del calo delle nascite, servono misure strutturali su nidi, congedi, servizi e orari. La decontribuzione può essere un tassello importante, ma da sola difficilmente basterà a cambiare abitudini radicate e a colmare il divario rispetto ad altri Paesi europei in termini di occupazione femminile.

Fondo per i nuovi nati e previdenza integrativa

Tra le proposte spunta anche un fondo di previdenza complementare per i nuovi nati. L’idea è quella di aprire, dalla nascita, una sorta di “cassaforte previdenziale” alimentata nel tempo, per abituare famiglie e giovani all’orizzonte del risparmio di lungo periodo e alleggerire, in prospettiva, la pressione sul sistema pensionistico pubblico.

Resta da capire come verrebbe strutturato il fondo: contributi pubblici iniziali, versamenti volontari dei genitori, eventuali incentivi fiscali per chi alimenta queste posizioni. Un terreno, quello della previdenza integrativa, che in Italia fatica ancora a decollare su larga scala, ma che il governo prova periodicamente a rilanciare.

Cosa succede adesso: il percorso degli emendamenti

La quantità di emendamenti depositati – si parla di diverse migliaia di proposte solo nella prima ondata – rende inevitabile una fortissima selezione. Molti emendamenti sono di bandiera, destinati a restare sulla carta; altri nascono come moneta di scambio nei negoziati interni alla maggioranza; una parte più ristretta è destinata a entrare davvero nel testo finale della legge di Bilancio.

Nelle prossime settimane, tra riformulazioni, ritiri, voti in commissione e fiducia in Aula, si capirà quali misure sopravviveranno. La linea di confine è sottile: da un lato la volontà dei partiti di mostrare ai propri elettori risultati concreti, dall’altro i vincoli di finanza pubblica e di rapporto con le istituzioni europee.

Per ora, una cosa è certa: dietro formule tecniche come “imposta di bollo sui contanti”, “tassa sui pacchi extra Ue”, “decontribuzione per le madri” o “bonus tombe”, si nasconde un pezzo importante del racconto politico del Paese. Sarà la versione definitiva della manovra a stabilire se resteranno slogan da emendamento o si trasformeranno in norme che cambiano davvero, giorno per giorno, la vita di chi paga le tasse, lavora, studia, risparmia e, sì, anche di chi si prende cura dei propri cari dopo la morte.

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