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Perché il dollaro sta perdendo valore? Può essere l’inizio della fine del suo dominio globale? Fatti, commenti e dichiarazioni

- di: Bruno Coletta
 
Perché il dollaro sta perdendo valore? Può essere l’inizio della fine del suo dominio globale? Fatti, commenti e dichiarazioni

Il recente deprezzamento del dollaro è strettamente legato alle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump. Il 2 aprile 2025 il presidente Trump ha annunciato l’imposizione di dazi significativi su una vasta gamma di importazioni, colpendo in particolare paesi come la Cina, il Vietnam e il Bangladesh. Queste misure hanno scatenato preoccupazioni tra gli investitori riguardo alla stabilità economica degli Stati Uniti, portando a una perdita di fiducia nel dollaro. Contrariamente alle aspettative tradizionali, dove i dazi potrebbero rafforzare la valuta nazionale, l’incertezza generata ha causato una fuga di capitali, indebolendo il dollaro. 

Cosa sta succedendo e quali sono le implicazioni per i consumatori americani ed europei?
Negli Stati Uniti l’aumento dei dazi rischia di portare a un incremento dei prezzi dei prodotti importati. Secondo il Yale Budget Lab, questi dazi potrebbero aumentare i costi annuali per una famiglia media americana di circa 3.800 dollari. Settori come l’abbigliamento e le calzature, che dipendono fortemente dalle importazioni, sono particolarmente colpiti. Ad esempio, il prezzo delle scarpe da corsa prodotte in Vietnam potrebbe aumentare da 155 a 220 dollari.  
In Europa le esportazioni verso gli Stati Uniti stanno affrontando dazi elevati, con settori chiave come l’automobilistico e il farmaceutico particolarmente vulnerabili. Ad esempio, l’Irlanda ha visto l’imposizione di un dazio del 20% sui suoi prodotti, colpendo duramente le esportazioni di whisky e prodotti farmaceutici. Aidan Mehigan, fondatore di Natterjack Irish Whiskey, ha espresso preoccupazione per l’impatto sui prezzi e sulla competitività dei suoi prodotti nel mercato americano.
 
Qual è il destino del dollaro come valuta globale?
Il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale è sotto pressione. Le politiche protezionistiche e l’aumento del debito pubblico statunitense hanno eroso la fiducia internazionale nel dollaro. Secondo un articolo del Financial Times, la recente volatilità ha sollevato timori di una crisi di fiducia nella valuta americana.  
Inoltre, paesi come la Cina e la Russia stanno promuovendo l’uso di valute alternative nel commercio internazionale, accelerando il processo di de-dollarizzazione. Tuttavia, nonostante queste sfide, il dollaro mantiene ancora una posizione dominante grazie alla profondità dei mercati finanziari statunitensi e alla mancanza di alternative credibili nel breve termine. Tuttavia, se le attuali tendenze continuano, potremmo assistere a un graduale spostamento verso un sistema valutario più multipolare. 

L’effetto delle riserve valutarie globali
Le riserve valutarie raccontano una storia chiara. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale aggiornati a gennaio 2025, la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali è scesa sotto il 54%, il minimo da oltre 25 anni. Contestualmente, lo yuan cinese ha toccato un massimo storico del 5%.
Questo trend riflette una graduale ma costante perdita di fiducia strutturale nella moneta statunitense, e indica che le banche centrali stanno cercando di diversificare i propri asset.
La dedollarizzazione non è uno slogan ideologico, ma una risposta pragmatica a un’America instabile”, ha affermato l’ex capo economista della Banca Mondiale Kaushik Basu.

Le mosse strategiche dei BRICS
I BRICS accelerano sulla via dell’alternativa. Al vertice di Mosca del settembre 2024 i paesi BRICS (ora allargati a 11 membri, inclusi Iran, Egitto ed Etiopia) hanno deciso di espandere il sistema di scambi commerciali in valute locali, creando una struttura simile a SWIFT, ma indipendente dal dollaro.
Xi Jinping è stato esplicito: “È ora di porre fine alla dittatura del dollaro nelle relazioni internazionali”. Secondo Goldman Sachs, se i BRICS riuscissero a consolidare un meccanismo di compensazione multilaterale, il dollaro potrebbe perdere fino al 10% della sua quota nel commercio globale entro il 2030.

Il rischio politico: instabilità sotto Trump
Il peso dell’incertezza politica. Il secondo mandato di Donald Trump ha aumentato la percezione globale di rischio sistemico associato agli Stati Uniti. Le tensioni con l’Europa, i toni bellicosi con la Cina e il flirt geopolitico con la Russia hanno alimentato la sfiducia internazionale nella leadership americana.
“Il dollaro soffre più per il rischio geopolitico che per i fondamentali economici”, ha scritto Mohamed El-Erian su Bloomberg. “In un mondo in cerca di affidabilità, gli Stati Uniti stanno diventando una variabile impazzita.”
A farne le spese, per ora, è la moneta statunitense.

Le implicazioni a lungo termine: rischio “dedollarizzazione lenta”
Verso un ordine valutario multipolare? Nessuno scenario oggi prevede un crollo imminente del dollaro, ma gli indicatori puntano verso un lento e costante ridimensionamento.
Se gli Stati Uniti continueranno sulla strada del protezionismo e dell’unilateralismo, l’incentivo per altri paesi a ridurre la dipendenza dal dollaro diventerà irresistibile.
In questo contesto, l’Unione Europea e la Cina potrebbero raccogliere il testimone della stabilità.
Se l’America si ritira, qualcun altro riempirà il vuoto”, ha dichiarato Christine Lagarde, presidente della BCE
L’Europa, storicamente passiva, ha ora l’occasione di ridefinire il proprio ruolo nel grande gioco delle valute.


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