Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio Europeo, i capi di Stato e di governo dell’Unione hanno compiuto un passo politico e tecnico di portata storica, approvando una serie di misure finalizzate a costruire una vera capacità europea di difesa. Le decisioni maturano in un contesto segnato da due fattori: da un lato, l’evoluzione della guerra in Ucraina e la persistente minaccia militare da parte della Russia; dall’altro, le incertezze legate al futuro delle relazioni transatlantiche, in particolare all’ipotesi di una nuova amministrazione Trump negli Stati Uniti, che potrebbe ridurre il ruolo della NATO e il contributo americano alla sicurezza del continente.
Difesa europea e flessibilità fiscale: il Consiglio UE approva il piano per il riarmo
In questo scenario, la Commissione Europea ha elaborato un piano articolato e strategicamente ambizioso, denominato ReArm Europe, che prevede la mobilitazione di risorse per un ammontare teorico complessivo di circa 800 miliardi di euro in un arco temporale di quattro anni. Il meccanismo finanziario su cui si fonda il piano è un mix tra flessibilità fiscale, leva finanziaria e riorientamento di fondi già stanziati, con l’obiettivo di creare una base industriale europea della difesa e incrementare l’autonomia strategica del continente.
Flessibilità fiscale per il riarmo
Il primo elemento tecnico del piano riguarda la sospensione temporanea dei vincoli derivanti dal Patto di Stabilità e Crescita, consentendo agli Stati membri di aumentare la spesa pubblica destinata al comparto difesa senza subire sanzioni. Questo intervento, sebbene politicamente delicato, è giustificato dalla natura emergenziale del momento storico e dalla volontà di rendere compatibile la politica fiscale europea con la necessità di riarmo. Il potenziale di spesa liberato da questa misura viene stimato in circa 650 miliardi di euro su base quadriennale.
I prestiti europei per la difesa
In parallelo, la Commissione ha proposto l’introduzione di un meccanismo di prestiti comuni per un ammontare di circa 150 miliardi di euro, da destinare esclusivamente a progetti di sviluppo congiunto nel settore della difesa. Si tratta, in sostanza, di uno schema analogo a quello adottato per il Next Generation EU, ma specificamente orientato alla costruzione di capacità militari interoperabili e tecnologicamente avanzate, come sistemi antimissile, difesa aerea integrata e droni di nuova generazione.
Ruolo della Banca Europea per gli Investimenti
Una delle innovazioni più rilevanti del pacchetto riguarda la modifica del mandato operativo della Banca Europea per gli Investimenti. La proposta è di rimuovere, almeno temporaneamente, le restrizioni normative che oggi impediscono alla BEI di finanziare aziende del settore della difesa. Questo passaggio, di natura normativa e politica insieme, mira a coinvolgere direttamente il sistema finanziario europeo nel rafforzamento della base industriale militare dell’Unione.
Riorganizzazione del bilancio UE
Dal punto di vista della programmazione finanziaria, la Commissione intende anche riorientare una parte dei fondi strutturali e dei programmi di coesione verso obiettivi legati alla sicurezza. Ciò implica una riconsiderazione delle priorità di spesa a livello europeo, puntando su sinergie tra politica industriale, innovazione tecnologica e sicurezza strategica.
Attrarre capitali privati nel settore difesa
Infine, ma non meno importante, si ipotizza la creazione di uno strumento in grado di attrarre capitali privati verso il settore della difesa. Si tratta di una Unione del risparmio per la sicurezza, che potrebbe assumere la forma di veicoli finanziari europei ad hoc in grado di offrire garanzie pubbliche a fondi di investimento dedicati alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione nel comparto militare. L’obiettivo è superare l’attuale frammentazione e sottodimensionamento del mercato della difesa, stimolando economie di scala e innovazione tecnologica.
Un’Europa più autonoma nella sicurezza
Le decisioni del Consiglio rappresentano una discontinuità rispetto all’impostazione tradizionale della politica di sicurezza dell’UE, storicamente subordinata al quadro atlantico. Per la prima volta si riconosce formalmente la necessità di una capacità autonoma europea in materia di difesa, sia sotto il profilo operativo sia sotto quello industriale e finanziario. L’efficacia del piano dipenderà ora dalla capacità della Commissione di coordinare l’attuazione degli strumenti, dalla volontà degli Stati membri di cooperare effettivamente e dalla tenuta dell’equilibrio tra esigenze di sicurezza e regole fiscali.
L’Unione Europea si trova dunque di fronte a una delle sue più ambiziose sfide sistemiche: trasformare un’architettura economica e politica costruita sulla pace e sulla cooperazione in un soggetto capace di garantire sicurezza, deterrenza e autonomia strategica in un mondo sempre più instabile.