La Casa Bianca diffonde il testo: impegno su diritti e sicurezza, contrasto all’estremismo e cooperazione regionale. Restano fuori Stato di Palestina e governance di Gaza: il banco di prova è l’attuazione.
La Casa Bianca ha reso pubblica la “Dichiarazione per una pace e una prosperità durature”, un documento politico che sostiene gli sforzi per chiudere la guerra a Gaza e afferma che palestinesi e israeliani devono prosperare con diritti umani garantiti, sicurezza e dignità. Il testo mette al centro cooperazione regionale, dialogo e lotta all’estremismo.
Cosa c’è nella dichiarazione
Il documento riconosce la valenza storica e spirituale dei luoghi sacri per ebraismo, cristianesimo e islam e promette di proteggerne i siti. I firmatari si impegnano a disinnescare radicalizzazione e razzismo con istruzione, opportunità e rispetto reciproco.
Chi firma e perché conta
La firma avviene a Sharm el Sheikh: con il presidente Donald Trump ci sono Abdel Fattah al-Sisi per l’Egitto, l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani e il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan. La cornice istituzionalizza la collaborazione tra i tre mediatori regionali e Washington. Assenti alla firma rappresentanti ufficiali di Israele e Hamas.
Le parole e il tono politico
“È tempo di oltrepassare i vecchi rancori”, ha detto Trump, promettendo sostegno alla ricostruzione e una cornice di sicurezza per tutti; ha insistito: “Andrà avanti, reggerà”. L’impianto retorico punta a fondere stabilità e prosperità per consolidare la tregua.
Cosa non c’è (ancora)
La dichiarazione non menziona il riconoscimento dello Stato di Palestina e non offre una roadmap dettagliata per la governance di Gaza. Restano da definire ruoli, tempi e meccanismi di verifica.
Tregua, scambi, aiuti
Nel frattempo la tregua ha permesso scambi di ostaggi e detenuti e l’incremento dei convogli umanitari nella Striscia. Le immagini di celebrazioni su entrambe le sponde segnalano una forte domanda di normalità, ma l’implementazione resta il punto critico.
I nodi aperti
Verifica e monitoraggio. Servono strumenti chiari di controllo e temporalità dell’attuazione.
Assenze pesanti. L’assenza formale di Israele e Hamas nella firma complica legittimazione e attuazione.
Fasi sovrapposte. La prospettata “fase 2” convive con passaggi della “fase 1”, aumentando l’ambiguità operativa.
Ricostruzione. Occorrono regole su fondi, appalti e trasparenza per non disperdere risorse e fiducia.
Cosa guardare adesso
Corridoi umanitari e volumi reali degli aiuti; nuovi scambi di ostaggi e detenuti; definizione di un’architettura di sicurezza per la Striscia; un calendario politico su status di Gaza e prospettiva due Stati.