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Il rischio dazi Usa: buonsenso o carestia di farmaci?

- di: Vittorio Massi
 
Il rischio dazi Usa: buonsenso o carestia di farmaci?
Cattani (Farmindustria): “Con tariffe elevate, Usa senza medicine. E la Cina ci aspetta a braccia aperte”.

Un bivio pericoloso tra salute e geopolitica

Nel braccio di ferro commerciale tra Stati Uniti ed Europa, il comparto farmaceutico è finito nel mirino dell’amministrazione Trump. E per una volta il rischio non riguarda solo fatturati, catene del valore e logiche industriali. In gioco, come denuncia il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, c’è la salute pubblica su scala globale.

“Se si arrivasse a una rottura e all’imposizione di tariffe elevate potrebbe essere un disastro, e non solo per noi”.

Il riferimento è ai dazi fino al 30% che Washington minaccia di imporre già dal 1° agosto su una serie di prodotti europei, inclusi i farmaci. Sarebbe una svolta pericolosa, con effetti sistemici immediati e, secondo molti analisti, perfino boomerang per gli stessi Stati Uniti.

Usa senza medicine, mentre Pechino brinda

“Gli Usa sono il primo paese importatore al mondo di farmaci e vaccini”, ricorda Cattani, “e questo è un argomento politico forte che la Ue deve giocare con fermezza”.

Il settore farmaceutico europeo esporta ogni anno verso gli Stati Uniti medicinali per un valore superiore a 90 miliardi di euro. L’Italia, in particolare, è tra i principali hub produttivi, con oltre 12 miliardi di export nel 2024.

Imporre dazi significativi su questi beni essenziali aumenterebbe i costi per i consumatori americani e potrebbe creare vere e proprie carenze nei farmaci salvavita.

“Non è che possono andarli a comprare da qualche altra parte, perché semplicemente non li troverebbero”, osserva Cattani.

A beneficiarne, sarebbe la Cina. “Una guerra commerciale rischierebbe di dirottare gli investimenti delle multinazionali nella ricerca e sviluppo verso Pechino, che sta aspettando a braccia aperte”.

Lo spettro di un dazio al 30% e l’effetto domino

Un dazio del 30% sui farmaci europei farebbe esplodere i costi lungo tutta la filiera: il danno per il solo comparto italiano supererebbe i 4 miliardi di euro, con ripercussioni anche sul mercato interno e sulla sostenibilità dei sistemi sanitari.

Il rischio è duplice: prezzi più alti per i medicinali, con impatto sulle compagnie assicurative, e destabilizzazione delle catene di fornitura, soprattutto per quanto riguarda gli intermedi farmacologici e i principi attivi.

“È vero, molte multinazionali Usa operano in Italia e nel continente – ma lo fanno in un contesto regolatorio molto complesso. E l’amministrazione Trump non è affatto contenta di questo”, osserva Cattani. “Anzi, direi che il presidente americano ha perfettamente ragione quando dice: voglio i dazi perché l’Europa ostacola le nostre imprese con barriere non tariffarie, come il nostro payback”.

Il nodo del payback e le rivendicazioni Usa

Il meccanismo del payback, che impone alle aziende farmaceutiche di rimborsare lo Stato se la spesa sanitaria supera i tetti, è tra i bersagli principali di Washington. Gli Stati Uniti lo considerano una barriera occulta che penalizza i prodotti americani.

Trump ha dichiarato più volte che “l’Europa vuole i nostri farmaci ma non vuole le nostre regole”. Il messaggio è chiaro: parità di trattamento o ritorsioni.

I dazi vengono usati come leva negoziale, ma una volta introdotti rischiano di creare circuiti viziosi, colpendo settori strategici senza portare benefici reali ai consumatori.

L’Europa deve giocare la carta della salute pubblica

L'Unione europea ha finora puntato sulla diplomazia, ma cresce il fronte di chi chiede una linea più assertiva.

“I farmaci non possono diventare strumenti di ricatto geopolitico. Siamo disposti a difendere i nostri interessi, ma non a mettere a rischio la salute dei cittadini per una logica elettorale americana”, ha affermato un alto esponente della Commissione europea.

Il ministro degli Esteri italiano ha ribadito che “l’Italia farà tutto il possibile per difendere la leadership europea nella produzione di farmaci e garantire che l’accesso alle cure non venga limitato da barriere artificiali”.

Le principali associazioni industriali del settore pharma hanno firmato un appello congiunto per considerare la salute un bene strategico non negoziabile.

Un settore che vale più della politica

La pandemia ha dimostrato quanto sia pericoloso rompere le catene di approvvigionamento farmaceutico. I dazi colpirebbero il cuore di questi flussi, generando effetti incontrollabili.

“Un dazio sui farmaci è un dazio sulla sopravvivenza. È irresponsabile. E sarebbe uno dei più gravi errori strategici degli ultimi vent’anni”, ha dichiarato una delle figure di vertice dell’industria farmaceutica europea.

Serve lucidità, non muscoli

La guerra commerciale farmaceutica è una partita in cui non ci saranno vincitori. Se davvero Washington dovesse scegliere la via dei dazi, l’impatto sarebbe globale: con un’Europa più debole, un’America più fragile e una Cina più influente.

“Abbiamo grande fiducia in quello che stanno facendo Palazzo Chigi, Tajani e Šefčovič. Ci siamo abituati in questi mesi ad annunci e marce indietro. Speriamo che alla fine prevalga il buon senso di tutti”, conclude Cattani.

Un auspicio che oggi, più che mai, non appare scontato.

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