Cronache dai Palazzi - Meloni vola a Bruxelles e partono (dagli alleati) le critiche alla manovra. Solo una coincidenza?

- di: Redazione
 
A volere essere onesti, chi - di destra, centro o sinistra - dovesse dare un giudizio sulle ultime mosse (vere, presunte o strumentalmente attribuite) del governo, vedrebbe solo una grande confusione.
Una definizione che potrebbe anche non corrispondere alla realtà, ma l'impressione è che qualcosa stia rendendo complicata la coesistenza in una coalizione che forse paga la preponderanza dei numeri in parlamento e ritiene quindi che si possa fare e disfare, tanto i voti ci sono per andare avanti per l'intera legislatura.

Meloni vola a Bruxelles e partono (dagli alleati) le critiche

Non è esattamente così, perché si possono avere diverse vedute e, quindi, formulare proposte diverse, ma quando si tratta di varare la legge di bilancio tutto deve essere ricondotto ad un solo alveo, evitando che risorse ed energie si disperando i fiumiciattoli o anche semplici rivoli.
Lo dimostra quanto accaduto nelle ore della partenza di Giorgia Meloni per partecipare, a Bruxelles, al Consiglio europeo, con il presidente del consiglio che avrebbe sicuramente preferito non ascoltare le lamentele di Lega e Forza Italia su un argomento (il prelievo forzoso dai conti correnti per chi ha pendenze insanabili con l'Agenzia delle Entrate) su cui è stata costretta a fare una marcia indietro.
Ma la cosa che certo è più preoccupante per la tenuta del governo (che, come ha detto in Parlamento Giorgia Meloni, è compatto, che più compatto non potrebbe essere) è la tempistica di quelli che si possono definire attacchi alla linea del presidente del Consiglio e non invece, come si tenta di farli passare, come semplici prese di posizione.

Perché la politica ha le sue liturgie, e quindi se a muovere critiche è l'ultimo dei peones della maggioranza, ci si può limitare a leggere e magari cestinare la dichiarazione. Ma se a parlare sono due pesi massimi della Lega (Molinari e Crippa) non sono punti di vista, ma una linea che ha quanto meno un avallo da parte del segretario, Salvini.
Il che, oggettivamente, è un problema per Giorgia Meloni, che forse pensava che quanto sta accadendo sulla scena internazionale (in cui il presidente del Consiglio spera di riportare l'Italia in un ruolo di rilevanza) potesse attenuare l'offensiva leghista, perché di questo si tratta.

Resta ora da vedere se sulla manovra la maggioranza troverà la coesione tanto sbandierata o se il documento sarà una nuova occasione per marcare differenze e, quindi, territori. Anche perché le critiche mosse oggi non si conciliano con quanto detto, appena pochi giorni fa, dallo stesso Matteo Salvini, che aveva rivolto un ''caldo invito'' alla maggioranza ad accettare il documento finanziario senza presentare emendamenti che ne pregiudichino un iter spedito. Cosa che è suonata poco rispettosa dell'autonomia del parlamento e, quindi, dei singoli deputati e senatori, ai quali non si può chiedere/imporre il silenzio, anche se avrebbero proposte da presentare.

Ma certo appare strano che attacchi di tale peso avvengano quando il premier è magari impegnata a portare la linea italiana in importanti avvenimenti all'estero.
Se non siamo ad una strategia di logoramento, ci siamo vicini.
Giorgia Meloni gode ancora di un credito personale molto ampio, in parlamento e nel Paese, e di questo ha piena consapevolezza. Allo stesso modo in cui, crediamo, a tutto si sente pronta meno che stare sulla graticola (da parte dei suoi alleati) per troppo tempo.
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