Covid-19: ma a chi giova tutta questa confusione su misure e prescrizioni?
- di: Redazione
Una delle regole alla quale il governo di un Paese democratico non potrebbe derogare è quella di dare una comunicazione chiara e di parlare con una voce sola. Ecco, se fossero state attuate queste elementari misure di rispetto verso gli italiani, forse molte cose, nei due turbolenti anni della pandemia da Covid-19, sarebbero potute andare meglio. Addirittura anche nel campo dell'azione di contrasto al contagio, che ha sofferto di una discontinuità nel flusso di informazioni che, alla fine, ha accresciuto la confusione che invece avrebbe dovuto combattere. Anche in queste ore, in cui i dati sull'andamento della pandemia cominciano ad essere rassicuranti, anche se nel medio periodo, gli italiani vivono una condizione da ''fai da te'' perché le cose che sentono spesso non si incastrano tra di loro, ma anzi danno l'idea che a presiedere tutto sia il famoso concetto dell'ammuina, dove l'importante è essenzialmente dare l'impressione di fare qualcosa anche se alla fine non si fa proprio nulla.
Covid-19: ma a chi giova tutta questa confusione su misure e prescrizioni?
Una confusione eletta a comportamento, che sta facendo sedimentare negli italiani il convincimento che non tutto chiaro come si vuole dare ad intendere.
Troppa incertezza, sotto il sole italico, dove anche l'adozione di misure per scoraggiare chi, lavoratore, si ostina a non farsi vaccinare, sembra dovere sottostare ad una serie di incombenze e prescrizioni che, alla fine, si neutralizzano l'un l'altra. Come è il caso delle multe (da cento euro) che dovrebbero essere inflitte a chi non è vaccinato. Ma questo va a cozzare con altre misure, soprattutto quelle invalicabili a tutela della riservatezza dei dati personali.
Tacendo del fatto che nei fantomatici elenchi dei non vaccinati potrebbero essere inseriti coloro che avendo avuto già il Covid ne sono tecnicamente ''fuori'' e quindi non più sanzionabili, ma anche quelli che magari, nel lasso di tempo tra l'individuazione e la sanzione, siano entrati in possesso di una esenzione.
Una giungla di parole e minacce che si sta risolvendo nel nulla.
A questo si aggiunge anche una informazione (quella dei media) che piuttosto che chiarire, ingarbuglia ulteriormente. Quindi l'ok della Camera alla prosecuzione dello stato di emergenza fino al 31 marzo è stata presentata da qualche media non come una presa d'atto d'aula di una decisione presa dal governo da tempo, ma come un ulteriore spostamento in avanti del paletto che segna la fine di una condizione emergenziale.
Una interpretazione che ha nuovamente mandato in bestia coloro (e sono tanti) per i quali lo stato di emergenza si è tramutato da misura contro il Covid a strumento - involontario sin che si vuole, ma dai risultati evidenti - per colpire imprenditori e operatori economici e finanziari ai quali, in virtù del provvedimento, è stato impedito di esercitare le loro normali attività, con ricadute disastrose.
Ora comunque un po' tutti sembrano avere preso consapevolezza che lo stato di emergenza non combatte più di tanto la pandemia e quindi se ne auspica la fine. Sarebbe ora, anche perché restano le perplessità di eminenti costituzionalisti sulla possibilità di ricorrere continuamente a proroghe (facendo dell'emergenza un condizione perenne) di una misura per definizione eccezionale.
La fine dello stato di emergenza andrebbe di pari passo con l'eliminazione del Comitato tecnico scientifico, che ha forse esaurito la sua funzione. Come detto non dal passante o dal pensionato che staziona ai giardinetti, ma da chi - come l'immunologo Sergio Abrignani - è stata una voce che spesso s'è staccata dal coro.
Quindi, si spera che da qui a poco rientrino in corsia o in laboratorio quei tanti scienziati, cattedratici e ricercatori diventati abituali frequentatori delle tribune televisive, ponendo per alcuni di loro interrogativi su come possano essere in televisione dal primo mattino a notte fonda, veri superuomini in camice bianco. C'è chi dovrà tornare a tempo pieno ad occuparsi dei suoi pazienti e chi prenderà un giusto riposo.
Come Andrea Crisanti che, da microbiologo misconosciuto al grande pubblico, è assurto al rango di star, anche per le sue previsioni non sempre ottimistiche.
Crisanti, finito il suo lavoro, potrà andare a recuperare energie nella sua nuova casa, che casa proprio non è essendo villa Priuli Custoza, sui colli Berici, una costruzione del '600, il cui prezzo d'acquisto sarebbe superiore al milione di euro. Acquistata, ha detto Crisanti, grazie ad un mutuo stipulato insieme alla moglie Nicoletta, che lavora a Londra nel settore biomedico.