È un mercato sostanzialmente piatto quello che emerge dal Retail Barometer Confimprese-Jakala condotto sul progressivo anno gennaio-agosto 2024 vs gennaio-agosto 2023 e fissa l’andamento dei consumi a valore a -0,4%, con una percentuale pari al 55% di aziende retail che dichiara risultati in calo rispetto al 2023. Su 8 mesi 4 hanno performato sopra lo zero, ma di poco. Solo febbraio +0,7% e marzo +3,9% hanno registrato un andamento in crescita per effetto del calendario, ma non sufficiente per risollevare il dato generale.
Confimprese: consumi stagnanti nel 2024, ma attese di crescita per la fine dell’anno grazie a inflazione in calo e festività
Non sorprende che luglio a -1,8% e agosto a +0,9% abbiano avuto risultati poco soddisfacenti, in quanto legati alla capacità di risparmio degli italiani, che negli ultimi tre mesi è in calo: quasi 1 famiglia su 2 pari al 43,8% la dichiara in diminuzione, solo per il 9,9% è aumentata. Tuttavia, grazie anche alla frenata dell’inflazione e all’arrivo dei mesi autunnali e del Natale, il 54% delle aziende stima una chiusura anno in lieve crescita. L’assenza di ulteriori crisi internazionali può fare sperare in un Natale in parziale ripresa, in considerazione del fatto che l’extra fatturato del periodo natalizio, a parità dei costi fissi, è un ossigeno per i bilanci aziendali.
«I primi 8 mesi dell’anno – precisa Mario Resca, presidente Confimprese – non sono confortanti e fotografano un mercato dei consumi stagnante. Basti pensare che solamente l’anno scorso il Pil italiano è tornato ai livelli che aveva prima del 2008 quando scoppiò la crisi di Lehman, ci sono voluti quindici anni per chiudere la forbice. In questo periodo è stato accumulato un ritardo di oltre 10 punti con la Spagna, 14 con la Francia e 17 con la Germania. L’inflazione ha creato un gap tra il costo degli acquisti delle merci e la dinamica dei salari che si sta, tuttavia, gradualmente riducendo. Tuttavia le previsioni di chiusura anno aprono qualche spiraglio. Oltre la metà delle nostre aziende associate, il 54%, stima una lieve crescita dei consumi, solo il 4% delinea un calo costante. Aspettiamo i mesi autunnali e gli acquisti natalizi che notoriamente sostengono i fatturati dell’anno e potrebbero dare una boccata d’ossigeno ai consumi».
I settori merceologici riflettono l’andamento generale del mercato con abbigliamento-accessori in parità, la ristorazione a -0,1% e altro retail a -1,9% con un calo dichiarato sul 2023 dalla metà dei retailer di abbigliamento-accessori e altro retail. Quanto allo scontrino medio, rispetto al 2023, il 2024 registra una contenuta diminuzione delle transazioni (-1%) a fronte di un leggero aumento dello scontrino medio dell’1% in coerenza con l’andamento dell’inflazione. Il settore abbigliamento-accessori registra risultati stabili rispetto al 2023, mentre è la ristorazione a subire una contrazione del numero delle transazioni compensata dall’aumento dello scontrino medio dei consumatori. Ciò si accompagna a una diminuzione delle visite dei punti vendita da parte dei cluster meno abbienti rispetto alle fasce di consumatori considerati ‘benessere e in carriera’ che hanno aumentato le visite con punte fino al 12%.
«Due le riflessioni principali – commenta Mario Maiocchi, direttore centro studi Confimprese –. Come sempre le medie danno il polso del mercato dell’insieme, ma al suo interno i vari settori di attività mostrano dinamiche anche significativamente differenti – si pensi alle dinamiche di crescita a doppia cifra di alcune tipologie di servizi rispetto ad alcuni settori più in difficoltà quali i beni durevoli -, ma soprattutto le singole aziende possono fare la differenza. Due dati per esemplificazione: se la media del mercato rilevato è -0,4%, il 90% dei risultati varia però tra il +10% della insegne/settori meglio performanti e il -13% di quelle più in sofferenza. La seconda riflessione viene dalle survey consumatori che mostra, sì, una probabile flessione dei minimi della fiducia sulla situazione economica. Tuttavia, per i prossimi mesi una parte importante delle famiglie prevede ancora riduzione della spesa realizzata soprattutto sulla ricerca di prezzi bassi e promozioni anche a costo di sacrificare la qualità dei beni acquistati. Sentiment questo che le aziende di retail dovrebbero prendere in considerazione nelle loro strategie commerciali».
Nei canali di vendita l’unico con andamenti positivi è il travel che chiude il progressivo anno24 vs 23 a +2,1%. È indubbio il beneficio che il canale ha avuto dal rinnovato interesse degli italiani per gli spostamenti unito alle presenze del turismo straniero, anche dei big spender cinesi e americani. Tutti gli altri sono in campo negativo. A partire dalle high street a -0,7% alla prossimità -0,5% per finire ai centri commerciali -0,2%. Quanto all’andamento delle singole regioni, solo 3 mostrano dati al di sopra della media Paese: Basilicata +2,2%, Abruzzo +1,5% e la Liguria a +1,5%. Una sorpresa, quest’ultima, a fronte degli andamenti negativi registrati nel corso del 2024. Il gruppo più cospicuo è formato da regioni che registrano andamenti in linea con il mercato con variazioni minime come Lazio +0,6%, Lombardia in parità, Friuli Venezia Giulia in flessione del -0,2%, Sicilia -0,6%, Veneto -1,0% e Campania -1.0%. Le regioni, infine, in campo negativo mostrano trend tra il -2,3% e il -4,6%. Quanto alle strategie adottate dalle aziende sull’aumento dei prezzi, si rilevano comportamenti differenti nei 3 macro-settori analizzati. Se il 56% dei retailer di abbigliamento-accessori si è mosso con prudenza e ha lasciato i prezzi invariati, il 57% di altro retail e il 46% della ristorazione li hanno toccati sia pure in maniera parziale. Rispetto al 2023 vi è la tendenza a ritoccare in modo moderato i listini anche in concomitanza con il rallentamento dell’inflazione. Passando alla leva promozionale quasi il 70% delle aziende di abbigliamento-accessori ha spinto sulla leva scontistica-promozionale anche a causa del momento difficile che ha attraversato per tutto il 2024. In maniera meno marcata gli altri due settori. In termini di marginalità, infine, promozioni, inflazione e ritocco dei listini non hanno inciso in maniera importante sui margini, che sono diminuiti anche se in maniera molto contenuta per abbigliamento-accessori, mentre per il 56% di altro retail si stata più volatile. Il 69% della ristorazione ha mantenuto la marginalità pari al 2023.