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Studenti, Carta Valore: dal 2027 il bonus cultura premia il merito

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Studenti, Carta Valore: dal 2027 il bonus cultura premia il merito
Carta Valore: dal 2027 il bonus cultura premia il merito
La misura cambia volto

Nel cantiere della Manovra prende forma una delle novità simbolicamente più cariche di significato: la Carta Valore. Non un semplice restyling del bonus cultura, ma una trasformazione che restringe la platea e la lega a un presupposto preciso: il diploma conseguito entro l’anno del diciannovesimo compleanno. Un parametro che sposta la misura dal terreno dell’universalità a quello del merito scolastico. Niente più diritto automatico legato all’età anagrafica: il beneficio diventa riconoscimento per chi completa il ciclo di studi nei tempi ordinari. L’assegnazione scatterà l’anno successivo all’esame, per questo i primi ragazzi a riceverla saranno quelli che si diplomeranno nel 2026, con accredito dal 2027.

Un fondo stabile, non episodico

La scelta di destinare 180 milioni annui a partire dal 2027 colloca la Carta Valore tra gli strumenti strutturali e non contingenti. Non un bonus rifinanziato di anno in anno, ma un capitolo stabile nelle politiche giovanili. L’impianto mira a consolidare l’idea che l’accesso alla cultura non sia un atto occasionale, bensì un percorso che accompagna la formazione fuori dalle aule. È un cambio di cornice che avvicina la misura alle logiche di promozione educativa più che a quelle di sostegno al consumo. La fruizione culturale diventa parte della crescita personale, non un’attività accessoria.

Formazione e cittadinanza culturale

Nel testo viene indicato un perimetro che affianca teatri, musei, cinema e libri a corsi di musica, teatro, danza o lingua straniera. È la traccia di un modello che non separa istruzione e sviluppo delle competenze simboliche. La Carta Valore non viene presentata come un incentivo all’intrattenimento, ma come occasione di crescita in senso civico, soprattutto in un’epoca in cui la disuguaglianza culturale produce disuguaglianza sociale. Per il governo è un modo per legare premialità scolastica e accesso a strumenti che arricchiscono il capitale formativo. Per i territori, soprattutto quelli a minore offerta culturale, il rischio è che la distanza infrastrutturale limiti l’effettivo esercizio del diritto, creando un divario tra chi potrà usarla facilmente e chi dovrà spostarsi o rinunciare.

Il senso politico della selettività

Il requisito del diploma entro i diciannove anni segna lo scarto rispetto al passato. La selettività introduce un principio di responsabilità individuale, ma porta con sé un’altra domanda: cosa accade a chi resta indietro? Il bonus precedente non distingueva sulla base dei tempi scolastici, mentre qui l’accesso viene trasformato in riconoscimento di regolarità. La misura, così, diventa strumento per spingere a concludere il percorso nei termini ordinari, ma tocca anche il tema delle disparità nelle traiettorie educative. L’Italia è il Paese europeo con una delle più alte quote di dispersione implicita e di differenze territoriali tra scuole che accelerano e scuole che rallentano. Legare il beneficio al merito potrebbe rafforzare la motivazione, ma rischia di agganciare solo chi è già in posizione di vantaggio.

Una politica culturale che parla di scuola

Il messaggio implicito è chiaro: la cultura viene associata alla riuscita scolastica. È la proiezione di un modello in cui l’accesso alle esperienze formative extrascolastiche premia non solo la frequenza, ma il completamento. La Carta Valore si inserisce così nel più ampio ridisegno degli incentivi ai giovani, spostando il baricentro dalle misure generaliste a quelle condizionate al rendimento. È una scelta che, nelle intenzioni, vuole rafforzare l’idea che la cultura sia parte integrante del percorso di crescita, ma che apre anche un confronto sulla sua fruizione come diritto o come premio. Il provvedimento segna un passaggio politico e simbolico: ciò che fino a oggi era un supporto esteso a tutti, diventa ora riconoscimento selettivo, destinato a chi dimostra continuità nel percorso educativo. Una misura che non si limita a distribuire risorse, ma ridisegna il perimetro stesso dell’accesso culturale.

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