A Beppe Grillo non resta che l'insulto: il Paese è guidato da una ''nana''

- di: Redazione
 
C'era una volta un comico che volle farsi politico e che, tornato nell'ombra, dopo essere stato potente tra i potenti, si é trovato davanti al dilemma di chi, assaporato il gusto del potere, deve decidere cosa essere.
Se, cioè, tornare a fare ridere le persone per le cose che diceva o farle ridere per quello che faceva.
Come creare un partito privo di qualsiasi ideologia (e questo in fondo potrebbe non essere male), ma anche di idee che resistessero al passare della notte e che, come brina, non si sciogliessero al primo tepore del sole.
E' questo, ormai, Beppe Grillo che ha deciso di tornare a girare l'Italia con uno spettacolo che raccoglie presenze soprattutto tra coloro - erano tantissimi un tempo, oggi molti meno, come quelli che prendono un raffreddore che dura pochissimo - che pensavano che lui avesse trovato il Santo Graal della politica: una classe dirigente nata da nulla e che nulla aveva da mostrare in termini di esperienza e capacità.

A Beppe Grillo non resta che l'insulto: il Paese è guidato da una ''nana''

Cosa resta, oggi, del Grillo d'un tempo? Poco o nulla, perché il graffio di allora s'è ridotto ad una semplice strusciata d'unghia, perché le poche risate che strappa alla platea sono figlie della provocazione e di nient'altro. Come conferma il fatto di volere accaparrarsi qualche applauso dagli spettatori con l'armamentario di sempre, quello che usavano un tempo i guitti dell'avanspettacolo, facendo ricorso alla volgarità. Che non necessariamente significa parlare con termini appunto volgari, ma solo cercare il consenso con battute in cui non c'è nulla di umoristico, ma solo di greve. E si sa che la volgarità qualche applauso lo strappa sempre.
In uno degli ultimi spettacoli Grillo ha ripreso l'abitudine di attaccare chi sente nemico usando l'arma del dileggio e riferendosi alle caratteristiche fisiche dell'avversario (D'Alema bollò Brunetta come un ''energumeno tascabile'').
Non è il primo e, purtroppo, non sarà nemmeno l'ultimo, ma da un uomo che si era candidato nei fatti a guidare il Paese, mettendosi a capo di un manipolo di parvenu della politica, ci si sarebbe aspettato che non eccedesse, non cadesse nella volgarità del pensiero. Come ha fatto, riferendosi al presidente del consiglio, Giorgia Meloni, dicendo che il Paese è guidato da una nana.
Una frase che fa a pezzi non tanto il galateo della politica, ma il rispetto per chi, affetto da una condizione clinica, non raggiunge un'altezza proporzionale alla sua età, ma non per questo non può avere un ruolo importante nella società. Ma Grillo, tirando fuori questa definizione, ''nana'', non offende solo Giorgia Meloni (che potrebbe anche non dolersene più di tanto, se, come crediamo, ha rispetto per tutti, anche coloro che pagano un tributo non voluto alla malattia), ma quelli che lo sono veramente e che lui tratta come esseri inadeguati a reggere un incarico di prestigio, come appunto quello di presidente del consiglio.

E' questo il disprezzo che da sempre caratterizza Grillo. Se lo fa da comico, fatti suoi. Ma se lo fa da punto di riferimento di un partito o movimento politico, dovrebbe ricordare che l'insulto verso chi non la pensa come lui o, come in questo caso, non rientra nella sua personale categorizzazione dei ''normali'', è cosa che dà soltanto il voltastomaco. E se il prossimo bersaglio della ''satira'' (ecco, questa sì che una battuta, pensando a cosa esce dalla bocca di Grillo!) avesse un piccolo problema di deambulazione o fosse ipovedente o mancasse di un arto, userebbe la stessa sprezzante prosa? O lo fa solo con chi gli è nemico politicamente?
C'è da stare certi che gli orsetti di latta, verso i quali, nel suo immaginario stand da lupa park, spara a parole, non risponderanno, considerandolo alla stregua di un saltimbanco dell'affabulazione, non meritevole di replica. Che non sarebbe difficile trovare, andando a ritroso nella vita del comico. Magari al 21 dicembre del 1981 quando, alla guida del suo nuovo fuoristrada, Grillo ebbe un incidente stradale che costò la vita ad una coppia di amici ed al loro figlioletto di appena pochi anni, che viaggiavano con lui. Episodio per il quale è stato condannato per omicidio colposo, con sentenza passata in giudicato, a un anno e due mesi di reclusione (poi condonati, perché incensurato).

Come si sentirebbe se qualcuno parlando di lui lo definisse un assassino? Non si sentirebbe bollato per un episodio ormai lontano e per il quale, comunque, come ha detto in un'intervista Cristina Pozzi, figlia e sorella delle tre vittime, non ha scontato nemmeno un giorno di detenzione?
E non consideriamo nemmeno quel che sta passando come padre di un ragazzo accusato di uno stupro, sul quale qualcuno potrebbe anche scherzare.
Ma lui è Beppe Grillo, quello che, a botte di ''vaffa'', ha rischiato di prendere possesso di un intero Paese. Oggi, tra spettacoli e contratti da centinaia di migliaia di euro da quella che era la sua creatura politica, Beppe Grillo si dibatte tra le reti della politica, come un tonno che, arrivato nella camera della morte, si agita cercando di sfuggire all'oblio.
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