Rapporto Asstel, Telco: una filiera strategica tra problemi e opportunità per il futuro

- di: Barbara Leone
 
Una filiera strategica, che però necessita di investimenti in termini di ricerca e sviluppo. Soprattutto in Europa, dove una regolamentazione stringente si traduce in una maggiore frammentazione del mercato. E’ quanto emerge dall’edizione 2022 del Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni in Italia, elaborato dagli “Osservatori Digital Innovation” della School of Management del Politecnico di Milano. Il Rapporto è stato presentato oggi da Asstel-Assotelecomunicazioni e dalle organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil presso la sala The Dome, dell’Università Luiss Guido Carli di Roma. La presentazione si è tenuta alla presenza del Vice Presidente del Berec, Konstantinos Masselos, del Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Claudio Durigon, del Sottosegretario al Ministero dell’Economia e Finanze, Federico Freni, del Sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e del Vice Presidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno. Il Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni in Italia evidenzia l’importanza delle Tlc a livello globale, le dinamiche di dettaglio del mercato italiano e le prospettive future in termini di servizi per i cittadini, le imprese e la Pa.

Rapporto Asstel, Telco: una filiera strategica tra problemi e opportunità per il futuro

“La filiera Tlc - ha sottolineato Massimo Sarmi, Presidente di Asstel-Assotelecomunicazioni - è strategica sotto tre aspetti: il valore sociale in termini di connettività̀ e servizi per la popolazione, il valore industriale grazie alla possibilità̀ di abilitare molteplici servizi per le imprese e la pubblica amministrazione, il valore economico generato. Tuttavia, le dinamiche in atto nel mercato differiscono significativamente a seconda delle aree geografiche, a partire dalle abitudini diverse per l’acquisto di servizi digitali per i consumatori americani ed asiatici rispetto a quelli europei, e da una regolamentazione europea stringente che si riflette su una maggiore frammentazione del mercato. La differenza di crescita del mercato europeo rispetto ad America ed Asia – ha aggiunto – è particolarmente avvertita in Italia. Infatti, i ricavi del settore delle telecomunicazioni hanno registrato le maggiori riduzioni in Europa, pari ad un terzo del loro valore, passando da 41,9 mld di euro del 2010 a 27,9 mld di euro del 2021. L’andamento è da attribuirsi ad una dinamica competitiva forte, che ha portato a un calo dei prezzi del 33,3% dal 2011, e agli interventi sui prezzi regolati. Da ultimo, aspetto non meno importante che incide sulla filiera – ha proseguito Sarmi – è l’aumento del costo dell’energia. Nel 2021 i consumi hanno superato i 4,3 TWh e collocano il settore tra quelli a maggiore consumo. Tuttavia, poiché le telecomunicazioni non rientrano nella categoria dei cosiddetti settori energivori, non possono accedere alle misure specifiche ad essi dedicati. Peraltro, la costante sensibilità ai consumi energetici ha visto gli operatori investire importi significativi in soluzioni di efficienza, pari a 230 mln di euro. Per sostenere e favorire lo sviluppo di un settore strategico come quello delle Telecomunicazioni – ha aggiunto in conclusione Sarmi -, serve una politica industriale dedicata, portando avanti alcune misure già avviate in ambito europeo e integrandone ulteriori, quali ad esempio: l’introduzione di misure strutturali di mitigazione del costo dell’energia, l’Iva ridotta per i servizi digitali, l’adeguamento dei limiti elettromagnetici, la semplificazione amministrativa, l’assegnazione della banda alta 6 GHz e prevedere una partecipazione delle Big Tech agli investimenti necessari, laddove si trattasse di dover effettuare investimenti aggiuntivi a fronte di specifici incrementi di traffico”.

“I numeri – ha commentatp Fabrizio Solari, Segretario Generale Slc-Cgil - confermano una tendenza in atto da almeno dieci anni, che dimostra plasticamente l’inefficienza dell’assetto del mercato nazionale delle Tlc. Da noi, come nel resto del mondo, la domanda cresce stabilmente ma, a differenza del resto del mondo, non crescono i ricavi. Una serie così prolungata di risultati negativi mette a rischio la tenuta sociale del settore, le condizioni di lavoro, i salari e oggi anche il flusso di investimenti necessari per tenere il passo dell’innovazione che è fattore abilitante per lo sviluppo della digitalizzazione. Un ulteriore elemento che ci differenzia dal resto del mondo, Europa compresa, riguarda il tema complesso della rete, fattore quest’ultimo che ha condizionato e ancora condiziona un equilibrato sviluppo del business, e costituisce un ulteriore fattore di incertezza nel mercato. Le TLC anziché essere un motore dello sviluppo rischiano in Italia di diventare un fattore ritardante dell’innovazione. E’ urgente intervenire, lo devono fare le parti sociali in un confronto serio, onesto e trasparente col Governo e con l’Autorità di regolazione (Agcom). Senza un deciso cambio di rotta si rischia molto, e gli stessi rinnovi contrattuali che ci aspettano possono diventare un campo di battaglia dal quale nessuno potrà trarre vantaggio”.

In tutto questo c’è poi da fare i conti col complesso periodo storico e geopolitico in cui stiamo vivendo, come sottolineato da Alessandro Faraoni, Segretario Generale Fistel Cisl. “L’uscita dalla pandemia e successivamente l’aggressione dell’Ucraina, l’elevata inflazione e la crescita dei costi energetici devono comunque prevedere una forte accelerazione sugli obiettivi della digitalizzazione per garantire lo sviluppo e anche per difendere le risorse messe a disposizione dall’UE; implementazione della rete Ftth e 5G, connettività in tutte le aree del paese per il definitivo superamento del Digital Divide, sviluppo del Cloud, dei Big data e della Cyber Security e nuovi servizi digitali per le imprese e i cittadini con l’obiettivo di creare maggiori ricavi e marginalità sufficienti a sostenere gli investimenti e l’occupazione della filiera. Se dovessimo fallire questi obiettivi – ha detto in conclusione Faraoni - ci troveremmo con una gravissima crisi delle Telco e dell’insieme della filiera, con ricadute drammatiche in particolare sul mondo dei Crm-Bpo e degli appalti di rete. In questo contesto è necessario che il nuovo governo indichi per le Tlc un piano industriale di sviluppo che passi dal riassetto definitivo del settore e che preveda la tutela di tutti gli asset Industriali, dei relativi livelli occupazionali e delle professionalità. La parola d’ordine dovrà essere meno precarietà e più dignità”.

Sulla stessa linea Salvo Ugliarolo, Segretario Generale Uilcom-Uil: “Bisogna ripartire da un serio confronto tra tutti i soggetti compreso il Governo – ha affermato Ugliarolo -. Un settore strategico come quello delle telecomunicazioni non può rimanere privo di un dialogo costante con le istituzioni per affrontare i tanti temi causati dall’assenza di un dialogo costruttivo. Cominciando dalla rete così come la questione dei cambi di appalto nell’ambito del mondo Crm che ancora oggi vedono, anche da aziende sotto il controllo dello Stato, il non rispetto delle tabelle ministeriali sulle gare così come il tentativo di indebolire “la clausola sociale”, che negli anni, ha garantito i livelli occupazionali. Chiediamo al nuovo governo di aprire un serio confronto su questi ed altri temi che riguardano il settore, nella volontà di lavorare per accompagnare la trasformazione e l’evoluzione che questa importante realtà del nostro mondo industriale sta vivendo, con una forte attenzione al mondo del lavoro e alle persone che ci lavorano”. “Per far fronte ai processi di trasformazione del lavoro che attendono la filiera Tlc è necessario sviluppare nuove conoscenze, competenze e puntare a investimenti sulla formazione permanente. Sono questi i fattori chiave per contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese, dotando soprattutto i giovani delle skill necessarie, attraverso un dialogo costante con le Istituzioni scolastiche, accademiche e gli Its Academy, per essere pronti al mondo del lavoro di oggi e di domani”, hanno detto in conclusione il Presidente di Asstel, Massimo Sarmi e i Segretari Generali delle Organizzazioni Sindacali di Categoria, Fabrizio Solari (Slc-Cgil), Alessandro Faraoni (Fistel-Cisl), Salvo Ugliarolo (Uilcom-Uil).

“Abbiamo il compito - hanno aggiunto - di accompagnare il processo di evoluzione del lavoro e riteniamo che il futuro della filiera passi anche per la creazione di percorsi formativi ‘permanenti’, in chiave sia di upskilling sia di reskilling, con l’obiettivo di rispondere alle richieste del mercato in aree quali: Cybersecurity, Cloud Computing, Big Data, Intelligenza artificiale e Internet of Things. La ripresa passa anche da un pieno sostegno da parte delle Istituzioni agli investimenti pubblici e privati in Ricerca e Sviluppo, dagli investimenti in formazione delle competenze e dal rafforzamento dell’istruzione professionale e Stem. Servono politiche attive ed educative rinnovate che guidino l’innovazione. Inoltre, crediamo che il Fondo di Solidarietà Bilaterale Tlc sia uno strumento essenziale, per contribuire al riequilibrio della Filiera offrendo soluzioni non più emergenziali, ma strutturali nell’ambito dei processi di trasformazione e transizione tecnologica e digitale. L’auspicio è che le Istituzioni ravvisino la rilevanza nazionale della filiera delle Tlc per la digitalizzazione del Paese e riconoscano un supporto pubblico alle finalità del Fondo attraverso il ricorso a risorse nella prossima legge di bilancio. Per questo auspichiamo un dialogo costante con le Istituzioni per dare forma a strumenti che rispondano concretamente ai bisogni dei lavoratori e delle imprese”.

I dati del Rapporto 2022 hanno evidenziato che il 2021 è stato un anno in cui continuano a crescere i volumi di traffico dati (+15% per il traffico dati fisso, +28% per quello mobile), ma anche di ulteriore peggioramento dei ricavi del settore. Il contesto iper-competitivo ha comportato un ulteriore calo dei prezzi e di conseguenza dei ricavi degli Operatori di Telecomunicazioni: questi ultimi si sono ridotti di 0,6 miliardi di euro raggiungendo 27,9 miliardi, il valore più basso di sempre. Complessivamente, dal 2010 al 2021, i ricavi complessivi hanno fatto registrare un calo del 33%, il radio-mobile del 42%, le comunicazioni fisse del 24%. Tale calo è superiore a quello degli altri principali paesi europei. Gli altri segmenti della filiera mostrano dinamiche diverse anche tra di loro, che esemplificano le profonde trasformazioni in atto nell’ambito dell’offerta dei servizi di comunicazione elettronica e digitali in genere: i ricavi complessivi degli attori che si occupano di realizzare e gestire le torri per le comunicazioni (per qualunque industry) arrivano a valere 1,8 miliardi di euro, registrando una crescita del 7% rispetto al 2020; il mercato complessivo dei fornitori di apparati di rete (comprensivo quindi sia dei ricavi generati in Italia sia di quelli all’estero, in qualsiasi settore) registra un valore di 3,9 miliardi di euro ed una crescita del 3%, con un’inversione di tendenza rispetto al forte calo subito nel 2020. La crescita si può ricondurre però all’aumento dei ricavi provenienti da settori diversi dalle Tlc; la vendita dei terminali in Italia vede una ripresa con una crescita del 6%, guadagnando oltre 300 milioni di euro, sostenuta dall’incremento dei prezzi degli smartphone; il mercato degli Operatori di Customer Management vale circa 2,1 miliardi e registra una ripresa (+4%) in contrapposizione alla dinamica vista negli ultimi anni. Il 2021 ha visto una serie di accadimenti eccezionali (es. campagne vaccinali, crescita della gestione dei canali online, ripresa del settore finanziario) che hanno permesso una ripresa dei ricavi per il settore Crm/Bpo. La componente legata al settore Telecomunicazioni vede il proprio valore in diminuzione rispetto a quello che accade per le componenti legate alle altre industry. Nonostante le dinamiche di mercato, proseguono gli investimenti degli Operatori Tlc in particolare per la costruzione delle reti a banda ultra-larga, radio e in fibra.

Nel 2021, gli investimenti di € 7,2 miliardi (oltre 600 milioni di oneri per frequenze) confermano l’incidenza del 26% sul fatturato totale degli Operatori TLC. Rispetto agli investimenti in reti di distribuzione e trasporto delle altre Utility il settore Telco si conferma quello con il valore maggiore, seppur con ricavi e prezzi in calo da molteplici anni. Anche in prospettiva, gli investimenti sono destinati a essere rilevanti, per raggiungere gli obiettivi del Piano Italia a 1 Giga e realizzare la rete 5G. Secondo i dati Desi 2022, la copertura Vhcn (Very High Capacity Network – reti Ftth, Fttb, cable docsis 3.1) a metà 2021 è cresciuta di 10,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente, ma rimane un gap da colmare con la media europea: 44% Ita vs 70% Eu (o 50% media Eu se si considera solo la copertura in fibra e non quella docsis, assente in Italia, che permette la trasmissione dati attraverso il cavo televisivo). Gli investimenti infrastrutturali degli Operatori continuano anche nel 2022: dalle prime stime la copertura Vhcn delle abitazioni è cresciuta di circa il 20%, raggiungendo a giugno 2022 un valore tra il 50% e il 60%. Per quanto riguarda lo sviluppo delle reti mobili 5G l’Italia si è sempre dimostrata particolarmente all’avanguardia: è uno dei paesi che per primi hanno completato l’asta per tutte le frequenze a disposizione, è tra i paesi ad aver realizzato il maggior numero di sperimentazioni ed è stata tra i primi a lanciare i servizi commerciali 5G. Sempre secondo quanto emerge dalle analisi Desi 2022, il 5G in Italia copre il 99,7% delle zone abitate, presentando il nostro paese come quello con la maggiore copertura 5G in Europa, superando nettamente il 65,8% della media Eu. Non bisogna però fermarsi alla prima lettura: i valori della Commissione Europea considerano infatti la copertura ottenuta con il cosiddetto Dynamic Spectrum Sharing (condivisione dinamica dello spettro, o DSS) che consente ad un Operatore telefonico di usare lo spettro di frequenze del 4G e di farlo funzionare anche per il 5G. Considerando invece solo la copertura 5G Non Stand Alone (NSA), che si basa sulle frequenze 5G ma sfruttando l’infrastruttura 4G esistente, l’Italia a fine 2021 risulta, invece, tra gli ultimi paesi, con un valore pari al 7,3% di copertura delle zone abitate, superiore solo a Polonia, Germania, Ungheria e Svezia. Anche in questo caso, comunque, gli Operatori italiani continuano ad investire: secondo le fonti pubbliche a settembre 2022, infatti, più del 60% della popolazione è coperta in 5G Non Stand Alone (una crescita di circa il 70% rispetto al 2021).

Le difficoltà economiche del settore sono ben rappresentate dalla dinamica del saldo di cassa disponibile per gli Operatori Tlc (Ebitda – Capex): nel 2010 questo valeva 10,5 miliardi di euro disponibili per il servizio del debito finanziario, per il pagamento delle imposte e per la remunerazione degli azionisti; nel 2021 si è passati ad un valore di 1,1 miliardi di euro, valore più basso di sempre, segno che la marginalità del settore è assorbita dai flussi di cassa necessari a sostenere gli investimenti. Nel 2022 ci si attende un ulteriore peggioramento: oltre al già avvenuto pagamento della maxirata per le frequenze 5G (oltre 4 miliardi di euro) si avranno gli effetti dell’aumento di una serie di costi non comprimibili (energia, inflazione). Alla luce dell’inasprimento competitivo e degli ingenti investimenti sull’infrastruttura, diventa sempre più necessaria per gli Operatori Tlc la capacità di creare nuove opportunità di business attraverso le tecnologie digitali (cloud, Iot, intelligenza artificiale, cybersecurity, ecc.). Per farlo occorre una profonda trasformazione delle competenze: questo comporterà importanti investimenti in iniziative di formazione: dal 2020 al 2025 è stata prevista in media la formazione di circa il 100% di dipendenti all’anno, con una spesa complessiva di circa 110 milioni di euro e l’erogazione di 4/5 giornate medie di formazione per persona. In particolare, gli Operatori TLC nel 2021 hanno coinvolto in attività di upskilling e reskilling quasi 56mila persone pari al 94% del totale complessivo dei lavoratori. Ciascun lavoratore ha seguito in media 12 giornate di formazione anche grazie agli strumenti normativi introdotti recentemente. Una strada parallela alla formazione interna è il recruiting esterno. In questo caso, si riscontrano difficoltà legate a una carenza in Italia di laureati e diplomati in alcune discipline: per le materie Stem (considerando i gruppi ingegneria, architettura, urbanistico e territoriale, scienze matematiche, fisiche e informatiche, scienze biologiche e biotecnologie) si prevede infatti un mismatch annuale tra domanda riferita a tutti i settori produttivi e offerta di circa 13.000 persone nel periodo tra il 2022 e il 2026. Questa problematica è sentita anche dalla filiera: infatti, dal 60% delle imprese associate viene evidenziata una mancanza sul mercato delle professionalità richieste. Quella delle competenze digitali non è l’unica sfida della filiera per quanto riguarda il mercato del lavoro. In questo scenario il cambiamento dei modelli di organizzazione del lavoro acquista maggior centralità. Circa metà delle aziende aveva già implementato soluzioni di Smart Working prima della pandemia, la quale ha sicuramente agito come motivazione addizionale, spingendo un 43% aggiuntivo ad adottare soluzioni di questo tipo. A dimostrazione della maturità sul tema, l’80% delle aziende della filiera TLC dichiara di aver già adottato modelli Hybrid&Smart, più flessibili, adattivi e personalizzati, fondati sui risultati per un miglioramento del work-life balance e della produttività. Sono questi modelli, inoltre, quelli che favoriscono l’adozione di servizi digitali e la digitalizzazione delle imprese.

Grazie all’implementazione di iniziative di questo tipo, si registrano inoltre benefici aggiuntivi: secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano si possono riscontrare benefici per dipendenti e imprese sia di natura economica (con un risparmio di 3.100€ a lavoratore) sia ambientale (con un risparmio sulle emissioni di CO2 pari a 450kg a lavoratore). Ora è necessario lavorare per un consolidamento dello strumento nella prospettiva di supportare e valorizzare questa modalità di organizzazione del lavoro attuando soluzioni di lavoro ibrido, sperimentando nuovi equilibri tra presenza fisica e virtuale. La trasformazione digitale è la via per superare l’emergenza investendo in un futuro che possa far crescere la sostenibilità sociale, ambientale, l’inclusione e la piena accessibilità. Lo smart working rappresenta un’opportunità straordinaria per riorganizzare il lavoro scegliendo consapevolmente di investire nell’innovazione.
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