L'Argentina in crisi limita il ricorso ai dollari per pagare le importazioni

- di: Redazione
 
Il governo dell'Argentina - mentre il Paese è colpito da una grave mancanza di valuta estera - ha annunciato l'adozione di misure mirate a limitare l'uso di dollari per pagare le importazioni. In questo contesto economicamente drammatico, il governo ha deciso di stanziare la poca ormai disponibilità di bilancio per coprire la bolletta energetica relativa all'acquisto di gas dall'estero, che viene pagata in contanti e che da gennaio ha raddoppiato l'importo, soprattutto a causa della guerra in Ucraina.

Crisi: l'Argentina frena l'uso dei dollari per pagare l'import

Quindi, secondo lo schema che è stato illustrato dal ministro dell'Economia, Martin Guzman, le aziende che vogliono importare beni di lusso o non strategici non potranno più bussare alla porta della Banca Centrale e dovranno ottenerli nel circuito commerciale.
La sterzata decisa dal governo sembra avere tenuto conto delle dure dichiarazioni della vicepresidente, Cristina Fernandez Kirchner, che, appena pochi giorni fa, aveva fortemente criticato le ''festa delle importazioni'', che, a suo giudizio, impedisce l'accumulo di riserve internazionali. Le importazioni di energia stanno impattando in modo drammatico sui bilanci ufficiali del Paese. Se nel giugno dello scorso anno la bolletta del gas importato era di 800 milioni di dollari, nel mese che si sta per concludere i milioni sono già duemila.

Secondo il ministro Guzman, se si conteggiano tutti gli acquisti da gennaio, la cifra è di 4,6 miliardi di dollari, il 205% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Le aziende, in base al nuovo schema, avranno solo valuta estera da importare per l'equivalente dell'ammontare delle importazioni nel 2021 più il 5%; il resto deve essere finanziato con un credito di 180 giorni. Comunque, l'accesso immediato alla valuta estera è reso più flessibile per le PMI, aziende che hanno importato fino a un milione di dollari. Prima avevano accesso fino al 105% (ora la soglia è stata elevata al 115%) di ciò che avevano importato l'anno scorso e il resto dovevano finanziare con credito. Il divario tra il dollaro ufficiale e quello che governa il mercato nero è alla radice del problema. Mentre i risparmiatori devono pagare circa 230 pesos per dollaro, gli importatori acquistano la valuta dalla Banca centrale a un tasso di 130 pesos. Il governo ha quindi deciso di obbligare le aziende a rivolgersi per i dollari al mercato commerciale, dove i valori di vendita sono vicini a quello del mercato informale, e di destinare le proprie riserve all'acquisto di energia, il conto che grava maggiormente sul fisco conti.

Il mercato ha reagito alle restrizioni con un balzo di sei pesos del cambio nel mercato non ufficiale, fino a 232 pesos per dollaro, il 12% in più rispetto a inizio giugno. Il dato è il più alto dall'uscita della convertibilità del peso per il dollaro, nel gennaio 2002. Anche il ''rischio Paese'' - che misura il differenziale di tasso che si deve pagare rispetto alle obbligazioni statunitense se cerca di finanziarsi all'estero in dollari - è salito a 2434 punti, l'1,3% in più rispetto al giorno prima e il 43,3% in più rispetto a gennaio. Le misure sono state criticate dagli industriali, che le vedono come un ostacolo alla ripresa dopo la pandemia.
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