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Anna Wintour lascia la direzione di Vogue US dopo 37 anni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Anna Wintour lascia la direzione di Vogue US dopo 37 anni

Dopo 37 anni al timone di Vogue negli Stati Uniti, Anna Wintour ha annunciato le sue dimissioni dal ruolo di direttrice della celebre rivista. Figura iconica dell’editoria e simbolo di un’epoca che ha fuso alta moda e potere culturale, Wintour resterà tuttavia attiva nel gruppo Condé Nast, dove continuerà a ricoprire l’incarico di Chief Content Officer a livello globale.

Anna Wintour lascia la direzione di Vogue US dopo 37 anni

La notizia segna la fine di una delle direzioni più longeve e influenti nella storia dei media internazionali, capace di plasmare non solo il gusto estetico ma anche la politica della rappresentazione femminile nel mondo dell’editoria di lusso.

L’inizio e l’ascesa della “regina del fashion”

Arrivata alla guida di Vogue nel 1988, Wintour trasformò immediatamente la testata, rompendo con lo stile patinato degli anni precedenti per portare una visione più decisa, autorevole e innovativa. Fu sua la scelta di mettere una modella con jeans e giacca da haute couture in copertina per la prima volta, segnando una svolta narrativa e iconografica. Negli anni ha guidato la rivista attraverso rivoluzioni culturali, trasformazioni digitali e crisi del cartaceo, riuscendo a mantenere Vogue al vertice dell’influenza nel mondo della moda. Il suo stile inconfondibile — taglio a caschetto, occhiali scuri, sguardo impenetrabile — è diventato una firma visiva riconoscibile in tutto il mondo.

La forza dietro il Met Gala e le scelte politiche

Oltre alla direzione editoriale, Anna Wintour è stata l’artefice della trasformazione del Met Gala nel più importante evento di raccolta fondi e glamour a livello globale. Grazie alla sua rete di relazioni con stilisti, celebrities, imprenditori e politici, ha reso l’evento un crocevia tra cultura pop e arte. Wintour non ha mai nascosto il suo impegno progressista, sostenendo attivamente Barack Obama, Hillary Clinton e, più recentemente, Joe Biden. In un settore spesso refrattario alla presa di posizione politica, ha saputo tenere insieme estetica, etica e pragmatismo.

Un’eredità controversa ma indiscutibile

Nonostante gli elogi, la sua figura ha suscitato anche critiche. Accusata di alimentare standard di bellezza esclusivi, Wintour è stata spesso al centro di discussioni sul razzismo sistemico e l’inclusività nel mondo della moda. Durante il 2020, in piena crisi globale e mentre le proteste del movimento Black Lives Matter infiammavano gli Stati Uniti, venne chiamata a rispondere sull’assenza di diversità in copertina e nei team redazionali. Lei stessa ha ammesso “errori del passato” e promesso un cambiamento. Il processo di rinnovamento è poi iniziato, con l’inclusione di nuove voci e volti nel network di Vogue.

Continuità e transizione nell’era digitale

La sua permanenza nel ruolo di responsabile globale dei contenuti indica la volontà di Condé Nast di gestire con cautela la transizione. Wintour continuerà a esercitare un’influenza significativa su tutte le edizioni internazionali della testata, curando le strategie editoriali e digitali. Il suo contributo sarà ancora centrale nel posizionamento globale del brand, in un momento in cui le sfide editoriali sono legate non solo ai contenuti ma alla sostenibilità economica e alla presenza sui social. La scelta del successore per l’edizione statunitense non è stata ancora annunciata, ma fonti vicine all’editore parlano di una possibile promozione interna, nel segno della continuità.

Il saluto alla redazione e il futuro della testata

Secondo quanto riferito da The New York Times, Anna Wintour ha salutato la redazione con un messaggio sobrio ma affettuoso, in cui ha ringraziato “ognuno dei collaboratori per aver reso possibile un’avventura straordinaria, fatta di coraggio, innovazione e passione”. Il suo addio segna un punto di svolta non solo per Vogue, ma per l’intero sistema moda e media. Resta ora da vedere se la nuova direzione saprà mantenere la centralità culturale della rivista, adattandola a un’epoca in cui le logiche della moda si confrontano con crisi climatiche, nuove sensibilità identitarie e una ridefinizione del concetto stesso di lusso e rappresentazione.

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