Trasformazioni urbane: città, social housing e Recovery Plan
- di: Francesco Alessandria - Architetto, phd Docente di urbanistica Università di Roma La Sapienza

La città sta subendo delle importanti trasformazioni e si prospettano e avanzano numerosi potenziali effetti. Primo fra tutti, e
trasversale a tutti, è un insieme di riflessioni che lega e connette
quelle sviluppate sulla residenza-alloggio, sull’edificio, sullo spazio di mezzo o intermedio, e le proietta nella dimensione dello
spazio urbano. E’ necessario garantire l’equilibrio tra presenze, usi
e funzioni da parti distanziate di una città zonizzata (cioè organizzata con il tradizionale zoning) a spazi e luoghi circoscritti alla
dimensione locale dell’edificio-quartiere, che fino a poco tempo
fa venivano riconosciuti come spazi esclusivamente residenziali.
Oggi vanno trasformandosi in spazi multifunzionali. Tutto va
convergendo nella direzione di una multifunzionalità di attività e
con la progressiva, esponenziale, riduzione degli spostamenti per
lavoro, istruzione, tempo libero, tra le diverse zone della città.
Ergo diventa interessante pensare alla città a diffuso mix funzionale, (convinti che il virus passerà e le trasformazioni in termini di
qualità rimarranno) rilanciando l’idea progettuale - propria delle
green city – della vicinanza e del centralismo, di quartiere che
trova riscontro in alcune proposte di pianificazione come quella
della “ville du quart d’heure” del sindaco di Parigi uscente Anne
Hidalgo.
Si va imponendo, oltre i provvedimenti emergenziali, l’idea
di mettere mano ad una nuova legge che punti a riqualificare
e rigenerare gli insediamenti e che si occupi dell’adeguamento
e l’aggiornamento in termini di: spazi pubblici fisici; dotazioni immateriali per l’accesso ai servizi pubblici e ai beni comuni;
miglioramento delle condizioni per lo svolgimento delle attività
collettive, delle solidarietà di comunità e dei percorsi della formazione; adeguamento dei parametri di densità, distanza, altezza
delle costruzioni per la salubrità dei luoghi di lavoro, e dell’abitare; definizione di spazi per lo svago, lo sport, la crescita culturale; superamento della predeterminazione delle destinazioni
d’uso dello zoning territoriale; investimento in sostenibilità delle
infrastrutture per la mobilità di cose, persone e dati; definizione
di piani per l’edilizia residenziale.
Su questo ultimo punto si intende porre attenzione e si ritiene
che l’azione preliminare dovrebbe consentire di demolire e ricostruire stock pubblici e privati inefficienti dal punto di vista ecologico ed energetici ma anche scarsamente produttivi in termini di
scambi sociali e oggi poco rispondenti alle esigenze di distanziamento e a un tempo di solidarietà.
Conforta, inoltre, che il tema della residenza sia posta al centro
delle linee guida propedeutiche alla stesura, in corso, da parte di
Mibact, Mit ed altrio attori, di una proposta di “legge sull’architettura”.
Focalizzando, quindi, il tema del social housing emerge che la
crisi sanitaria dovuta al Covid-19 e il conseguente lockdown del
sistema economico/produttivo hanno innestato, in uno scenario
mondiale di disparità nella distribuzione della ricchezza; è molto
probabile quindi, che anche in Italia si verificherà un acuirsi delle
diseguaglianze sociali e un aumento di popolazione in condizione
di povertà assoluta e relativa. Questa crisi rischia di riflettersi pesantemente anche sulla condizione abitativa, delle fasce deboli di
popolazione nonchè dei servizi ed attrezzature delle città.
L’Housing Europe Observatory, che fotografa la condizione abitativa in Europa e che offre riflessioni anche sulla situazione italiana, nel rapporto 2019, ha evidenziato come l’accesso alla casa
rappresenta ancora un problema per molti cittadini. Nel 2017, il
10,2% delle famiglie ha speso più del 40% del proprio reddito
in spese abitative, percentuale che sale al 37,8% tra coloro a rischio povertà. Un problema a cui, si legge nel rapporto, i governi
hanno dato risposte frammentate, perlopiù sotto forma di incentivi ad attori privati e sussidi . In Italia sono infatti sempre più
diffusi i progetti di Housing Sociale, ossia iniziative e programmi
che offrono alloggi e servizi di qualità a canoni accessibili a chi
si trova in una situazione di vulnerabilità economica e/o sociale a causa della quale non riesce ad accedere al mercato privato
della casa, né è in possesso dei requisiti per l’accesso al servizio
di edilizia residenziale pubblica.
Quindi una proposta di social
housing non più concepita solo per famiglie numerose ed a basso
reddito! Oggi i soggetti che hanno necessità di poter fruire del
social housing sono coloro che vivono una fase di stress abitativo
(a causa di perdita del lavoro, separazione, motivi di salute ecc.),
studenti, professionisti, city user, anziani e giovani coppie; tutte
situazioni che derivano dalla trasformazione della nostra società
(a cominciare dalle strutture familiari), dai fenomeni migratori,
dalla povertà e marginalità urbana in genere.
Si tratta di definire, magari contemporaneamente ad un riposizionamento degli strumenti di solidarietà, una nuova politica abitativa nazionale a carattere ordinario individuando un flusso di
risorse continuativo che consenta di programmare interventi che,
unitamente al sostegno finanziario di Enti Territoriali, ai vari livelli, concorrano a sviluppare un’adeguata offerta di alloggi sociali
in grado di dare efficaci risposte alla forte domanda riscontrabile
nel Paese e nelle varie modalità e forme con le quali si presenta
sul territorio .
Tale proposta è in linea anche con l’evoluzione delle politiche
dell’Unione Europea che dovrebbe trasformarsi in atti concreti attraverso strategie di più lungo respiro come quella del del
Recovery Fund (Fondo per la ripresa) nell’ambito della strategia
Next generation UE.
La strategia è basata su tre pilastri che possono essere così sintetizzati: “Investire in un’Europa verde, digitale e resiliente” e,
come ricordato dalla stessa Presidente Von der Layen, l’housing
sarà tra i temi prioritari di applicazione degli investimenti finanziati dal Recovery Fund.
Tali investimenti sono richiamati nella bozza del PNRR nella Mission n. 5, componente C3 e che vede tra gli obiettivi:
1- Infrastrutture e servizi per l’inclusione sociale a favore di soggetti con marginalità (Housing First) € 0,45 miliardi;
2- Incremento della disponibilità di alloggi pubblici e alloggi
sociali € 1 miliardo
3- Interventi nell’ambito del piano nazionale della qualità
dell’abitare € 1,23 miliardi;
4- Rigenerazione urbana € 2,8 miliardi.
Risorse significative ma non sufficienti!
Tuttavia si richiama a tal
proposito, il comma 437 del’art. 1 della legge finanziaria n. 27
dicembre 2019 n. 160 finanziaria, nonché sono altre iniziative
pregresse in cui il social housing è compreso in azioni piu generali.
Si pensi, per esempio, alla legge 28 giugno 2019 n. 58 di conversione del “Decreto crescita” che contiene alcune misure fiscali
per incentivare la riqualificazione urbana, come la detassazione
dell’acquisto di immobili da demolire o ristrutturare, l’estensione
del “sisma bonus” e la possibilità per le imprese di cedere il credito d’imposta acquisito (50% per interventi di efficientamento
energetico) sotto forma di sconto sui lavori. Purtroppo, le due
fondamentali proposte contenute nella “Relazione conclusiva
della Commissione parlamentare d’inchiesta della Camera sulle
Periferie” della scorsa legislatura (approvata all’unanimità il 14
dicembre 2017) non hanno trovato riscontro. Si trattava della proposta di definire un “Piano strategico per le città italiane di carattere poliennale (6-10 anni)”, come evoluzione dell’esperienza dei
bandi per le periferie (con l’individuazione delle aree bersaglio e
un meccanismo di finanziamento continuativo) e la definizione di
un nuovo “Programma nazionale per l’edilizia residenziale pubblica”.