Per rispetto verso l'uomo, salvate il soldato Silvio
- di: Francesco Di Stefano
Silvio Berlusconi è un uomo (anche se, in diversi momenti della sua vita politica, qualcuno, per convinzione o convenienza, ha cercato di deificarlo) e, quindi, con difetti e pregi di ogni essere umano. Di lui ci sono molte cose che non piacevano e non piacciono anche oggi - tra comportamenti privati e altro -, ma gli si deve riconoscere intelligenza politica e capacità di coniugare l'esperienza di imprenditore a quella di ''pigliatutto'' delle istituzioni, che seppe investire, agli inizi degli anni '90, con l'artiglieria pesante delle sue aziende giornalistiche e di intrattenimento.
Di quel Berlusconi si deve apprezzare, per onestà, come seppe usare la comunicazione, coniugando la forza delle immagini a quella della parola, quando, sino ad allora, era solo quest'ultima che importava in politica. Il panorama di quel tempo aveva oratori di primissimo livello, personalità che sapevano convincere parlando e alle quali poco importava come si presentavano, l'immagine che davano.
Berlusconi capì che le due cose dovevano andare di pari passo e trovò una formula talmente vincente da sbaragliare tutti gli antagonisti e salire all'Olimpo, convinto di restarvici in eterno. Le riprese studiate da registi collaudati, gli accorgimenti tecnici, la colonna sonora dai temi epici rimandavano agli italiani l'immagine di un uomo forte e vincente, in cui la parola era il completamento del circuito virtuoso che determinava attenzione e quindi consenso, nel suo caso elettorale. Sono passati quasi trent'anni e di quel Berlusconi oggi sono rimaste poche cose, è doloroso dirlo - parliamo comunque di un protagonista della Storia, anche se poi spetterà ad essa il giudizio finale -, ma è così e la cosa che desta maggiore impatto emozionale è che nessuno della sua cerchia sembra avere il coraggio di dirlo, sembra potere cancellare l'illusione che il tempo è passato ma non per lui e che deve prenderne atto. Invece lo si manda, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, davanti ad una telecamera per registrare un messaggio rivolto in prima battuta al suo popolo, ma anche agli alleati, che forse (e nemmeno tanto forse) sperano di banchettare sulla carcassa di Forza Italia quando l'ex Cavaliere uscirà di scena.
Il secondo messaggio, ci si dia a possibilità di dirlo, è ancora più sconcertante, forse sconvolgente rispetto al primo perché restituisce l'immagine di un uomo stanco, segnato dalla battaglia contro la malattia, in cui dietro ogni parola o frase si nasconde la fatica. Eppure è lì, a recitare formulette che non sappiamo sino a che punto uscite da lui, a rivolgersi al suo popolo, facendosi il peggiore servizio perché la gente ricorda quando si presentava in tv a bacchettare tutti, a sbattere in faccia la sua potenza economica, a fare capire che, ad un suo schioccare di dita, le sue televisioni sarebbero andate all'attacco. Cosa che fanno oggi, ma non sappiamo sino a che punto Berlusconi condivida un modo di fare informazione che lui non ha mai completamente condiviso, anche quando lui schierava in prima linea un fuoriclasse dell'ammiccamento, della strizzatina d'occhio, del ''non dico, ma avete capito'', come Emilio Fede, che calamitava attenzione, al di là di quel che diceva.
Tout passe, tout casse, tout lasse, secondo un modo di dire francese, lingua amata da Berlusconi. Una frase che significa che ''tutto passa, tutto si rompe, tutto ci lascia''. Anche se, il resto della frase, recita ''tout se remplace'', tutto si rimpiazza. L'ecclesiaste è ancora più chiaro quando dice che c'è un tempo per tutto. ''Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante''. Ora, forse, è il tempo di regalare a Silvio Berlusconi un'uscita di scena all'insegna della serenità e nel rispetto della sua persona, come forse qualcuno di chi più gli sta vicino non sembra volere fare. E non sappiano se lo si spinge ad ''apparire'' nella convinzione che sia sempre il guerriero di un tempo, capace di vincere ogni battaglia, oppure nella consapevolezza che la sopravvivenza politica d tanti dipende ancora da lui. Mandarlo davanti alle telecamera a snocciolare, a fatica, nomi e numeri, lo diciamo con la massima considerazione per il ruolo politico che ha avuto in questi decenni, significa mancargli di rispetto, quando questo sentimento dovrebbe imporre di consigliarlo a fermarsi. Per poco o tanto tempo, poco importa, ma fermarsi, perché nel secondo videomessaggio, in occasione delle prossime elezioni amministrative, le immagini impietose hanno mostrato il Berlusconi uomo e non più il capo politico.
Vederlo parlare a fatica suona quasi come un'offesa al suo passato quando, tenendo da solo il palcoscenico durante le sue kermesse elettorali, parlava per ore ricordando nomi e snocciolando dati, come un computer e affascinando tutti, anche chi era lì solo per lavoro e non ne condivideva il disegno. Oggi, guardandolo, ricorda una delle figure leggendarie della Spagna, Rodrigo Diaz de Bivar, che, agli albori dell'anno 1000, difese il suo Paese per liberarlo dall'invasione araba. Del suo coraggio tanto si è scritto, molto si è favoleggiato. Come quando compì il suo ultimo atto terreno da morto. Tacendo la notizia della sua morte le persone che costituivano la sua piccola corte, compresa la moglie, Jimena, per fare coraggio ai suoi soldati, che per lui si gettavano in battaglia e che, senza il suo esempio, sarebbero tornati umani, con le loro paure, ne issarono il cadavere il sella al suo cavallo, imbragandolo in modo che sembrasse, come sempre, a guidare il suo esercito. Quello era il Cid campeador, che vinse persino da morto. Berlusconi, in questo frangente, sembra essere usato, mostrato anche quando dovrebbe solo ritemprarsi e combattere la malattia, che lo ha indebolito, rendendolo finalmente umano, lui che ha sempre fatto capire di aspirare all'immortalità.