Ofi Invest AM: L’ultimo miglio della corsa alla deflazione sarà il più difficile

- di: Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM
 
Negli ultimi mesi, la contrazione dei prezzi dell’energia, la riduzione dell’inflazione nei generi alimentari e la disinflazione nei beni hanno contribuito a normalizzare l’andamento complessivo dell’inflazione stessa. Tuttavia, oggi sembra che il contributo di questi fattori si stia ormai esaurendo e che l’ultimo miglio verso il traguardo prefissato lo si dovrà percorrere agendo quasi esclusivamente sulla componente dei servizi, da sempre la più rigida. Questa è la stessa situazione che si troveranno ad affrontare gli Stati Uniti e l’Unione Europea per poter raggiungere l’agognato 2%.

Per quanto riguarda i primi, lo scorso aprile l’inflazione YoY è tornata al 3,4% e anche le spese per i consumi personali, un parametro che la Federal Reserve considera il suo punto di riferimento, si attesta attualmente al 2,7%. Inoltre, i dati di maggio hanno rilevato che il picco relativo dell’inflazione è stato un episodio sporadico che è già stato riassorbito, in particolare nei servizi legati ai trasporti. Questo quadro attesta come gli Usa si stiano muovendo nella giusta direzione e che nei prossimi mesi l’inflazione dovrebbe normalizzarsi, seguendo un percorso che si è già avviato da inizio anno, come segnalato dall’andamento al ribasso dei consumi. Tuttavia, dall’altro lato bisogna capire che si sta parlando ancora di piccoli passi e che la Fed si sta ancora muovendo sul filo del rasoio. Lo scenario più probabile è quindi che la banca centrale americana opererà il primo taglio dei tassi non prima di settembre, onde evitare brutte sorprese.

Per quanto riguarda l’Europa, l’inflazione legata ai servizi si è mantenuta eccessivamente alta nel Regno Unito (al 5,9%) e sta impedendo alla Banca d’Inghilterra di operare il primo taglio dei tassi. Per quanto riguarda l’Area Euro, invece, l’inflazione generale è salita dal 2,4% al 2,6% a maggio, con la componente dei servizi che è balzata dal 3,7% al 4,1%. Data la rigidità intrinseca dei prezzi, è molto improbabile che si contrarrà prima della fine dell’anno, con anche la crescita salariale che si sta mantenendo solida (4,7% contro il 4,5% dell’ultimo trimestre del 2023) e che non dovrebbe rientrare nelle stime previste prima del 2025. Alla luce di ciò, non sorprende che la Bce si sia guardata bene dal fare alcun tipo di promessa su ulteriori tagli dopo quello operato lo scorso 6 giugno e anche le previsioni circa la possibilità di operare un taglio ogni tre mesi sta venendo messa in discussione, visto che l’obiettivo del 2% non dovrebbe essere raggiunto prima della seconda metà del prossimo anno. Un ultimo, ma non meno importante aspetto che interessa il Vecchio Continente riguarda i risultati delle elezioni europee, che hanno visto un’avanzata generale dell’estrema destra e hanno già provocato notevoli ripercussioni in Francia, dove sono state subito indette le elezioni nazionali. Tuttavia, la prima seduta del nuovo parlamento, durante la quale si eleggerà il presidente di quest’ultimo, non si terrà prima del 16 luglio e la seconda sarà addirittura il 16 di settembre, per l’elezione del presidente della Commissione Europea. Pertanto, le istituzioni saranno pienamente operative appena prima delle votazioni per il nuovo presidente degli Stati Uniti.
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