Nel braccio di ferro Blackstone-Cairo, vittoria americana per ko

- di: Diego Minuti
 
C'era una volta il Corriere, il ''giornalone'' per eccellenza, da cui dipendevano sovente le sorti di governi e di singole persone. Una corazzata dell'informazione che ha sempre resistito ai tentativi di sorpasso di altri quotidiani in virtù di una navigazione placida, senza scossoni, da mezzofondista, per usare un paragone agonistico, che dava sicurezza ai lettori e incuteva timore agli avversari.  Oggi forse non è così perché, assimilando il prestigio del quotidiano alle sorti del suo editore, Rcs Mediagroup, fa riflettere la notizia dell'ennesima bastonata ricevuta in sede giudiziaria da Urbano Cairo, relativamente alle querelle con il fondo Blackstone per la vendita degli immobili milanesi di proprietà del gruppo editoriale. 
Cercando di fare un breve riepilogo di una vicenda che, invece, è parecchio complessa, la vertenza riguarda la vendita degli immobili di via Solferino e di via San Marco, a Milano.

La Corte d'appello di Milano ha bocciato il ricorso di Rcs Mediagroup contro il lodo arbitrale dello scorso anno, nel quale era stata giudicata valida la vendita al fondo americano, nel 2013, delle proprietà immobiliari del gruppo editoriale. Per Rcs Mediagroup l'operazione non avrebbe avuto la correttezza che invece la Corte d'appello del capoluogo lombardo ha riconosciuto a Blackstone. Un lodo arbitrale, dall'esito avverso a Cairo, che si accoda all'archiviazione della denuncia presentata dall'editore, sempre nei confronti del fondo americano, per un'ipotesi di reato gravissima, quella di usura, sostenendo che Blackstone, in sede di trattativa, avesse tratto profitto dalle difficoltà economiche che, all'epoca, il gruppo stava attraversando. Il problema è però lontano dall'essere esaurito, anche se è giunto un pronunciamento di secondo grado. 

Il perché è semplice. Nel momento in cui l'autorità giudiziaria italiana ha confermato che nel comportamento di Blackstone non sussistono profili di illegittimità ha dato altre armi all'arsenale del fondo che, negli Stati Uniti, sta cercando di fare valere le sue ragioni, sulle quali basare una richiesta di risarcimento che potrebbe anche essere origine di difficoltà per il gruppo editoriale italiano, viste le cifre in ballo nell'operazione e ricordando che le corti americane non sempre sono tenere nei confronti di chi ''offende'' una entità economica o finanziaria a stelle e strisce.

Conoscendo la materia e ragionandola con una mentalità ''all'italiana'', non si potrebbe escludere che tra le parti si arrivi ad un accordo, che soddisfi le esigenze di una e non affossi l'altra. Ma, da quel che si capisce, il sangue del duello in Corte d'appello a Milano è ancora troppo fresco per pensare ad una transazione. Forse anche perché Blackstone potrebbe non dimenticare presto d'essere stata denunciata anche in sede penale per fatti che non sono stati ritenuti sufficienti ad un rinvio a giudizio. A Rcs un assaggio di quel che potrebbe accadere è arrivato dalla naturale conseguenza del ricorso rigettato, ovvero il pagamento delle spese processuali (circa 260 mila euro) che potrebbero essere ben poca cosa rispetto ad una richiesta di risarcimento. 

Ora è cominciato ufficialmente il conto alla rovescia in attesa delle decisioni della corte del distretto di New York che dovrà pronunciarsi  il 25 luglio sulla giurisdizione della richiesta di 600 milioni di dollari nei confronti del gruppo editoriale italiano. Quello che si è concluso a Milano potrebbe comunque non essere l'ultimo o anche il penultimo capitolo di questa storia, in cui si intrecciano duelli che, come in un incontro di scherma, vedono alternarsi attacchi e difese in cui al fioretto spesso si sostituisce la sciabola. E per ogni capoverso ci sono risvolti economici elevatissimi che risentono dei diversi piani (civile, penale) in cui si sviluppa questa vicenda. Perché, se si guarda alla motivazione con cui è stata archiviata la denuncia nei confronti del fondo americano di usura (che, dice la sentenza, ''non può rintracciarsi nella mera, oggettiva sproporzione fra il prezzo convenuto nella compravendita ed il maggiore valore attribuito'') si capisce che una composizione bonaria della controversia è ipotesi al momento lontana. Dicendola brutalmente, una eventuale sentenza punitiva della corte di New York nei confronti di Rcs suonerebbe ben più che un campanello d'allarme per l'editore italiano che, sino a poco tempo fa, non pensava nemmeno lontanamente ad un esito negativo dei procedimenti giudiziari in Italia. Una certezza che è andata delusa e che potrebbe fare da battistrada ad una batosta, laddove i giudici americani usassero il pugno di ferro. 
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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