Ministro Speranza, che senso ha continuare ad insistere sul green pass?

- di: Redazione
 
Aspettare, quando si parla di una emergenza che ha paralizzato il Paese per quasi due anni, lasciandosi dietro troppe  macerie, potrebbe essere un giusto modo di confrontarsi con un nemico che non accetta ancora di essere sconfitto. Ma se lo si fa quasi per partito preso, come se poco o nulla sia stato fatto in questi mesi, c'è qualcosa che, sinceramente, abbiamo difficoltà a comprendere, soprattutto se ci confrontiamo con quanto sta accadendo in Europa, facendo temere nuove catastrofi. 

La campagna vaccinale, anche se le residue sacche di opposizione sono ancora molto combattive, sta procedendo bene e non lo diciamo noi, ma i dati che segnalano un progressivo arretramento del virus, parallelamente all'aumento del numero delle persone che, con la terza dose già fatta, si possono definire quasi totalmente immunizzate.  Quindi, seppure con tutta la cautela del mondo, si potrebbe anche essere un filo ottimisti, si potrebbe pensare positivo, come diceva un cantante. 

E invece no, perché davanti alla prospettiva reclamata o sollecitata da più parti di revocare le restrizioni legate al green pass, il ministro della Salute, Roberto Speranza (mai cognome fu più ossimoro!) , predica prudenza. Tanta. 

Ma lo fa in un modo che sembra quasi una ripicca, perché il quadro generale non può indurre a pessimismo, almeno oggi, quando di varianti non se ne intravedono all'orizzonte e, in ogni caso, anche se arrivassero, andrebbero ad impattare con una popolazione quasi completamente vaccinata e quindi con un'altissima capacità di resistere alò contagio. Dando per scontato che un Governo deve sempre impegnarsi per dare alla gente le migliori condizioni di vita, non si percepiscono oggi le ragioni di una pervicacia del genere quando si parla di passaporto sanitario. 

Anche se le motivazioni che gli estremisti no vax adducono a sostengo dei loro atteggiamenti spesso rasentano un complottismo incomprensibile, bisognerebbe cominciare a pensare di cercare di sanare la spaccatura, in materia di vaccini, tra la maggior parte degli italiani e gli irriducibili. E rimuovere il green pass sarebbe una prima significativa mossa verso una pacificazione con chi dissente dal pensiero generale. Negli anni 70/80 la pacificazione era un principio ipotizzato per disinnescare il terrorismo. Facendo le debite proporzioni tra i due fenomeni, oggi quella pacificazione potrebbe essere adottata per abbattere le barriere che frenano il ritorno al lavoro di persone che, non pensandola come gli altri, non possono essere allontanate - ad libitum o aeternum - dalla loro fonte di sostentamento.  E lo stesso si potrebbe dire quando si pensa che davanti a loro è stata alzata una barriera quasi insormontabile se devono andare a comprare un indumento o altro.

La pandemia ha quasi ucciso il nostro modo di vivere, che da essa sarà condizionato ancora per molti anni

La pandemia ha quasi ucciso il nostro modo di vivere, che da essa sarà condizionato ancora per molti anni. Ma è forse arrivato il momento di voltare pagina, di pensare che gli italiani si sono meritati fiducia e quindi possono tornare a vivere normalmente e non in quella parvenza di normalità che è stata imposta.

L'abolizione delle restrizioni sanitarie sarebbe un gesto di lungimiranza, che gli italiani possono a buon motivo reclamare. Soprattutto perché rimuovere il green pass potrebbe dare linfa ad un sistema produttivo che oggi è in piena crisi.
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