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La festa del papà non si discute. Si ama

- di: Barbara Bizzarri
 
L’iconoclastia non si ferma: altro che Daesh. Qui, i nuovi talebani che pretendono di fare tabula rasa delle tradizioni nazionali e che tuttavia sono pronti a genuflettersi per quelle altrui, dopo aver cancellato il presepe, le canzoni di Natale, l’idea di famiglia tradizionale con tanto di definizione scatologica da parte di una scappata di casa che si presume parlasse della propria, visti i precedenti e persino dotata di cane possidente a sua insaputa, sono arrivati a una nuova aberrazione: cancellare la Festa del Papà. Specialmente se è bianco, effettivamente maschio e magari pure etero, quindi per forza colpevole di qualcosa (esistere?). La scusa, che definire risibile è un atto di misericordia, sarebbe, manco a dirlo, evitare la discriminazione verso chi il padre non ce l’ha. In base a questo assunto, potremmo dunque cancellare tutte le Feste: della mamma, dei nonni, del cane, del gatto, del canarino, e pure dell’intelligenza, se esistesse. Per non parlare della conseguente discriminazione al contrario: chi ha la fortuna di avere un padre da festeggiare, deve scontarla? Invece, nella scuola dell’infanzia Florinda di Viareggio, dopo la decisione della direttrice che, tiro a indovinare, freme per gettarsi in politica al cospetto del Piddìo a sostituire ogni altro Verbo, non ci sarà alcuna Festa del Papà, perché, sostiene chi dimostra di aver sbagliato mestiere, “cinque o sei genitori sono venuti a lamentarsi da me perché non trovavano giusto che in quel giorno i loro figli, che non avevano il papà, venissero esclusi da quell’attività e venissero pertanto indirizzati da un’altra parte. Ho trovato le loro lamentele condivisibili, perché un laboratorio organizzato in questo modo è discriminatorio nei confronti di chi non ha un papà. Pertanto dovrà essere organizzata un’altra attività con modalità diverse, alla quale possano partecipare tutti i bambini”. In pratica, si crea il problema, che non esisterebbe se si lasciassero liberi i ragazzini di fare quello che vogliono, si shakera l’opinione popolare e poi si offre una soluzione che è la copia di mille riassunti: il denaro non c’è? Creiamolo. Troppi crimini nelle città? Aboliamo il crimine. Perfetto, non fa una piega.  Ecco che, di questo passo, si realizza il sogno di tutte le concite: un tizio anonimo che arriva, feconda e se ne va senza lasciare traccia, biologia a parte, e si spera che nessuno se ne ricordi, in una nuova Sparta di frizzi e lazzi in cui i figli sono della collettività e non del padre, però frolli come sbrisolone per ovvia conseguenza, senza una necessaria figura di riferimento maschile.

La scuola cancella la Festa del Papà

“Dobbiamo renderci conto - dice lei, la Barbara dirigente, con la tipica spocchia di chi ha l’obbligo morale di spiegare il creato agli altri - che la famiglia modello non c’è più, è superata da 50 anni”. Dato che si tratta esclusivamente di un suo convincimento, peraltro mediocre, la domanda sorge spontanea: questi figuri, che problema hanno e, soprattutto, perché devono tirarci tutti dentro le loro convinzioni, in una nuova versione di aut Caesar aut nihil? Naturalmente, finora nessun chiarimento è pervenuto sul “laboratorio sostitutivo” in cui coinvolgere tutti i pupi “senza discriminazione alcuna” e che, a rigor di logica, non può umanamente esistere. Intanto i padri esclusi, giustamente, si alterano, però è sempre più difficile combattere contro gli idioti che, è risaputo, ti trascinano al loro livello e ti battono con l’esperienza. Sovviene la storica battuta del buon Ennio Fantastichini in ‘Ferie d’Agosto’: “La verità è che non ci state più a capì un ca**o: ma da mò!”. Era il 1996, eppure si attaglia perfettamente anche a questa epoca accecata dall’ideologia, in cui le spese, come sempre e soprattutto, anche per quell’altra follia del totalitarismo scatenata dal Covid, le fanno i più indifesi: anziani, malati, e bambini.
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