Draghi si dimette e l'Italia ora rischia di affondare

- di: Diego Minuti
 
Chissà se, come accadde con il varo del reddito di cittadinanza (che ancora oggi difendono, come la rivoluzione copernicana nella lotta alla povertà e al disagio sociale), i Cinque Stelle troveranno un balcone, che non sia quello della Camera, da cui festeggiare il raggiungimento del loro obiettivo, mettere Mario Draghi davanti all'alternativa se restare a Palazzo Chigi a dispetto dei santi oppure, con coerenza, dimettersi. 

Cosa quest'ultima che Draghi ha fatto, secondo quanto lui stesso ha reso noto, annunciando una seconda salita al Colle, dopo quella di oggi pomeriggio. Con le dimissioni di Draghi nelle mani, Mattarella ora dovrà sbrogliare una matassa al cui confronto il nodo di Gordio era uno spago con un fiocchetto. 

Draghi, nella comunicazione ufficiale, ha affermato quello che in fondo ci si aspettava da lui, cioè che il suo gesto è diventato obbligato visto quanto accaduto in Parlamento e che ha certificato la fine dell'intesa da cui era nato il governo di unità nazionale. 

Quindi quel ''patto di fiducia'' non c'è più e di conseguenza proseguire in una esperienza che è gravata da veti e ultimatum (che si ripeterebbero in continuazione, anche se ora si dovesse comporre la frattura) non ha senso. Poi Draghi si è lasciato andare ad una considerazione che forse è anche un accenno di polemica, quando afferma che ''dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia. Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi. Queste condizioni oggi non ci sono più''. Amen. 
Gli scenari che si potrebbero delineare nelle prossime ore non è che siano univoci, nel senso che c'è un ventaglio di ipotesi che bisogna considerare. 

Quella apparentemente più scontata, visti casi simili del passato, vede Mattarella respingere le dimissioni, anche per cortesia istituzionale, chiedendo a Draghi di tornare in Parlamento a ''cercarsi'' una maggioranza, vecchia o nuova che sia. Ma quelle condizioni da cui è nato il ''Draghi 1'' oggi non ci sono più e, come ha ripetutamente detto il presidente dimissionario, non ci possono essere coalizioni diverse da quelle che hanno generato l'esecutivo, almeno con lui ancora a Palazzo Chigi. 

Visto il contenuto della comunicazione di Draghi, questa ipotesi, che sarebbe  la più indolore, rischia di essere vanificata dai fatti, anche perché la linea dei Cinque Stelle, così come il loro atteggiamento in aula, non è che faccia presagire cambiamenti di rotta, se non con un improbabile cedimento del premier davanti al pacchetto di nove (dicasi, ben nove) richieste non trattabili proposte da Conte. Quest'ultimo, però, cercando di fare la voce grossa, ha forse  troppo velocemente dimenticato la diaspora dai suoi gruppi parlamentari, come le uscite delle ultime ore, accomunate dal giudizio fortemente negativo sulle mosse tentennanti dell'ex primo ministro.

Un altro possibile scenario è che, di fronte all'intransigenza di Draghi (che sarà certamente rimasto sorpreso dal fatto che, nel CdM di questo pomeriggio, si siano presentati anche i ministri grillini, come se nulla fosse accaduto), il presidente Mattarella, rispettata la coreografia di rito - tributando all'ex governatore della Bce l'onore delle armi - decida di affidare l'incarico di formare un governo ad una personalità pubblica di spicco, colorata politicamente di quel tanto che non la si possa accreditare di legami con questo o quel partito. 

Un civil servant senza altre ambizioni che essere uomo delle Istituzioni e quindi senza alcuna manifesta ambizione politica, che possa fungere da garante per la chiusura del mandato dell'attuale esecutivo, per quanto riguarda gli impegni con l'Europa, la linea filo-atlantica (che da sempre è stata stretta ai Cinque Stelle prima maniera) e l'appoggio all''aggredita Ucraina. 

Un governo chiaramente di scopo, che potrebbe anche avere tra i componenti qualcuno dei ministri attuali (titolari di dicasteri tecnici), appunto per garantire quella continuità di cui oggi non si può certo fare a meno.  

Lo scioglimento delle Camere sarebbe l'ultima carta, la più traumatica, perché  scaglierebbe il Paese in un buco nero tappezzato da pericoli, incertezze, emergenze.  Per cercare solo di intuire i rischi che si potrebbero correre basta guardare come, sulle ali delle vicende al Senato, si è chiusa la seduta di oggi della Borsa di Milano, che ha perso il 3,4%, o considerare di quanto si sia allargato lo spread,  a 223 punti. 

Comunque Mario Draghi mercoledì sarà alle Camere per riferire. Cosa è ancora tutto da vedere. 

Perché i partiti che lo sostengono (Pd e Italia Viva, ma anche Forza Italia) non si fermeranno nella ricerca di una soluzione. Che, ad oggi, appare lontana e, comunque, senza la presenza di Draghi. Ma si sa che le vie della politica, come quelle del Signore sono infinite, ma spesso imperscrutabili,  
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