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Cara Alexa, lasciamo i morti al loro silenzio e alla nostra memoria

- di: Barbara Leone
 
La vita dei morti, diceva Cicerone, è riposta nel ricordo dei vivi. Ai giorni nostri, però, anche nella tecnologia. Visto che a breve Alexa, la celebre assistente vocale di casa Amazon, potrà riprodurre su richiesta anche la voce dei defunti. Basterà solo un minuto di ascolto per ottenere un output audio completo della voce di una persona. Un minuto, un fottutissimo minuto e lei, dall’alto della sua intelligenza artificiale, ci spalancherà le porte dell’Eternità ove riposano, si spera, i nostri affetti più cari passati a miglior vita. Non è una fake, e nemmeno una boutade. E’ il progresso baby, che in men che non si dica potrà farci dare la buonanotte direttamente dal de cuius in persona. Metaforicamente parlando s’intende, perché per i miracoli si stanno ancora attrezzando. Il funzionamento di questa diavoleria (è il caso di dire) è piuttosto semplice.

Tutto si basa sugli ormai famosi algoritmi, che in questo caso si avvalgono dell’intelligenza artificiale per darci la crudelissima illusione che a parlarci sia nostro nonno, fratello, madre, marito o chi vogliamo noi. Che ore sono, che tempo fa, mi dai la ricetta della torta di mele? E ci risponde il caro estinto. L’obiettivo, ha spiegato il dirigente responsabile per lo sviluppo di Alexa Rohit Prasad, sarebbe quello di far durare i ricordi. Una modalità, che sinceramente, ci appare un tantinello macabra e fuori luogo. Dal momento che, com’è noto, l’elaborazione del lutto è già di per sé un processo lungo e doloroso. Che ha bisogno di tempo, a volte tantissimo. E che per compiersi deve soprattutto attraversare tutte le fisiologiche fasi che lo caratterizzano, che vanno dalla negazione alla rabbia, dal senso di colpa a quello di vuoto. Ed ognuno lo vive a modo suo il lutto, perché le leggi del cuore non seguono quelle della forma. Figurarsi quelle della tecnologia. C’è gente che ci va in analisi. Così, giusto per dire. Proprio perché l’elaborazione del lutto è tanto complesso quanto fondamentale per lo sviluppo psicologico, a qualsiasi livello. Se non affrontato rischia di lasciarci con una gestalt aperta. Di farci sentire fragili, impotenti, pietrificati davanti alla paura del dolore e della perdita. Insomma, c’è davvero ben poco da scherzare.

E da sperimentare. Ecco perché quest’ultima trovata ha un che di cinico. La chiamano Human-like Empathy, ovvero il tentativo di costruire delle macchine con una empatia simile a quella degli esseri umani. Ma qui è proprio l’umanità che sembra essere finita in un buco nero. Catapultata in una inquietante, e quanto mai pericolosa, sovrapposizione tra reale e virtuale che non ha proprio nulla di positivo. Perché ovviamente niente e nessuno potrà restituirci chi non c’è più. E d’altra parte affondare il coltello nella piaga con questo tipo di comunicazioni posticce col regno dell’Aldilà non solo non ha alcun senso. Ma può essere finanche dannoso, perché vuol dire non lasciare andare. E quindi non metabolizzare praticamente mai completamente quel dolore. Lasciamo invece che i morti ci vengano a trovare in sogno. Continuiamo pure a parlar loro attraverso una fotografia, riguardiamo quell’ultimo video anche se fa un male cane, aggrappiamoci a tutto ciò che è esistito e che è dentro di noi. Ma vi prego no… Non traghettiamoli in questa follia umana ove tutto, ma proprio tutto, deve essere per forza replicato. Anche l’amore di chi purtroppo non c’è più. Che i miracoli di Alexa si manifestino in altri campi. I morti lasciamoli alla loro pace, al loro silenzio. E soprattutto alla nostra memoria, che ha voci irripetibili ed uniche.  
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