Open Finance, AIPB e PwC Italia: l’impatto sul Private Banking aumenterà la competizione (72%)

- di: Barbara Leone
 

L’Open Finance ha una portata potenzialmente rivoluzionaria, perché prevede l’accesso regolamentato ai dati dei clienti per tutti i servizi finanziari, mentre finora era previsto per i soli pagamenti. Per cogliere le grandi possibilità di crescita, sviluppo e integrazione dell’offerta, però, la leva fondamentale sarà quella della fiducia che l’industria dovrà sapersi costruire dialogando con la clientela. Queste riflessioni sono state al centro del convegno “Open Finance: nuove opportunità per la consulenza evoluta” organizzato dall’Associazione Italiana Private Banking (AIPB) e PwC. L’evento ha innanzitutto evidenziato che finora abbiamo assistito a due fasi distinte in merito alla condivisione dei dati nel settore finanziario. Fino al 2017 non era previsto alcun obbligo accessibilità ai dati dei clienti. Le istituzioni finanziarie (IF) ne avevano il controllo e la responsabilità, dal momento che potevano essere condivisi solo tramite accordi bilaterali con terze parti accuratamente selezionate.

Open Finance, AIPB e PwC Italia: l’impatto sul Private Banking aumenterà la competizione (72%)

Dal 2018, con l’inizio dell’Open Banking, è stato introdotto un obbligo di accesso regolamentato ai dati sui pagamenti. Con l’introduzione della PSD2 (Payment Service Directive) veniva conferito al cliente il controllo sui propri dati finanziari di conto. A seguito del consenso dato dal cliente, le istituzioni finanziarie erano tenute a fornire alle terze parti l’accesso ai dati dei pagamenti (esposti gratuitamente dalle IF). A partire dal 2025, quando è attesa la versione finale del Regolamento europeo FIDA (Financial Data Access) che prevede l’accesso regolamentato per tutti i servizi finanziari, entreremo nell’era dell’Open Finance. Attualmente, la bozza di quadro normativo estende e regola la condivisione di dati finanziari oltre i pagamenti. Previo consenso del cliente, infatti, le istituzioni finanziarie sono tenute a fornire alle terze parti autorizzate, cioè ai c.d. Fornitori di Servizi di Informazioni Finanziarie (FISP), l’accesso ai dati di credito e debito, relativi a investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute. I dati verranno poi condivisi tramite schemi centralizzati e le istituzioni finanziarie avranno diritto ad essere remunerate.

La relazione fiduciaria tra Private Banker e Cliente è da sempre al centro del modello di servizio Provate: un modello di servizio che si sviluppa attorno al concetto di consulenza - ha sottolineato Andrea Ragaini, Presidente AIPB, ha commentato -. La possibilità offerta da FIDA, di disporre di un ampio set di dati, consentirà alle realtà Private di offrire un servizio ancora più ampio ed amplificherà nel tempo le opportunità per i clienti. Sono certo che il nostro settore saprà cogliere le nuove sfide, proseguendo nel percorso di crescita della soddisfazione dei clienti ormai in atto da anni. Affinché le potenzialità dell’Open Finance vadano a beneficio di tutti, è fondamentale però che vengano chiariti, al più presto, alcuni ambiti di attuazione della normativa”.

 “L’impegno europeo e degli operatori di mercato sullo sviluppo dell’Open Finance impatterà positivamente sulla crescita del settore finanziario e sull’evoluzione del Private Banking – ha aggiunto Mauro Panebianco, Partner di PwC Italia, Asset & Wealth Management Advisory EMEA Leader -. La spinta all’innovazione è fondamentale per la competitività del settore e per le aziende che vi operano, ma garantirà anche una maggiore inclusione finanziaria verso la clientela e i consumatori. L’approccio armonizzato e integrato dell’Open Finance, infatti, aumenterà la qualità e il valore aggiunto dei servizi offerti, e il settore del Private Banking è pronto a cogliere le opportunità e i benefici che emergeranno dal nuovo scenario disegnato”.

Ad oggi, l’Open Banking ha portato dei limitati benefici in Europa: i clienti delle banche digitali che utilizzano questo tipo di servizi è inferiore al 2%, mentre le istituzioni finanziarie del Vecchio Continente hanno sostenuto 3,5 miliardi di euro di costi per sviluppare e gestire infrastrutture API (Application Programming Interface) di Open Banking. Le motivazioni da ricercare sono principalmente legate ad un approccio guidato dalla regolamentazione, con uno scarso coinvolgimento degli operatori di mercato, alla mancanza di incentivi e una forte attenzione alla sicurezza, a scapito della user experience. Lato cliente, tutto ciò ha portato ad una mancanza di consapevolezza e di fiducia. Il regolatore ha fatto tesoro dall’esperienza passata, in quanto i principi chiave della regolamentazione FIDA, alla base dell’Open Finance, si focalizzano sul valore aggiunto che è possibile dare al cliente, attraverso un’armonizzazione e standardizzazione dei dati, guidata da una visione olistica e integrata dei suoi dati finanziari.

Nel corso dell’ultimo Forum, AIPB ha individuato tre sfide chiave per una crescita sostenibile nel tempo del proprio modello di servizio: la capacità di rafforzare il presidio delle future generazioni di clientela con un approccio alla consulenza multigenerazionale; lo sviluppo di una “protezione” che non si limiti solo all’ambito finanziario; la capacità di cogliere le opportunità offerte dall’utilizzo dei dati e dall’intelligenza artificiale. L’Open Finance va a toccare direttamente quest’ultima sfida, rappresentando un’opportunità per far crescere ulteriormente la modalità di servizio che ha contraddistinto il consolidamento del Private Banking nel nostro Paese: quello della consulenza evoluta. Secondo quanto emerge da un’indagine AIPB, l’industria è consapevole della portata dei processi di innovazione: velocità del cambiamento ed effetto ‘disruptive’ della tecnologia (70%), impatto sul modello di servizio dell’intelligenza artificiale (76%) e rilevanza dell’analisi avanzata dei dati (88%) rappresentano infatti le principali opportunità da cogliere.

Secondo le aspettative degli operatori, l’Open Finance avrà un impatto sul Private Banking aumentando la competizione (72%) e la trasparenza dei costi (66%). Il settore è pronto a cogliere le opportunità che emergeranno dal nuovo scenario disegnato dall’Open Finance rafforzando la consulenza evoluta, una scelta che porterà a valorizzare la componente umana del servizio. Il Private Banker assumerà un ruolo chiave, perché sarà chiamato a spiegare alla clientela i benefici generati dalla condivisione di un’ampia gamma di informazioni finanziarie riservate (finanziamenti; investimenti in strumenti finanziari; cripto attività; prodotti assicurativi danni; dati che fanno parte della valutazione del merito creditizio di un’impresa). L’elemento più importante per il successo dell’Open Finance sarà quindi la fiducia del cliente, poiché sarà quest’ultimo a dover autorizzare (e, nel caso, revocare) il trattamento dei propri dati finanziari. Una fiducia che la presenza del Private Banker (59%) e la solidità della Banca (51%) ha fatto crescere progressivamente fino a raggiungere il livello più alto registrato negli ultimi 20 anni pari all’89%4.

Per garantire l’effettivo successo dell’Open Finance, rimangono però dei punti da chiarire, che impattano sul nuovo ruolo che le Istituzioni Finanziarie saranno chiamati a svolgere. In particolare, si potrebbe prevedere l’inclusione anche di operatori diversi dai soggetti finanziari autorizzati ai servizi di investimento e credito. Inoltre, sarebbe importante identificare con maggior dettaglio gli utilizzi ammessi (e quelli vietati) da parte dei data user autorizzati dal cliente, così come dei “Servizi di Identificazione Finanziaria” e dei “customer data”. Su quest’ultimo punto, infatti, oltre ai personal data previsti dal GDPR, sembrerebbero essere inclusi anche i non-personal data, generati dalla “normale attività tra istituto finanziario e cliente”. Un ultimo punto di attenzione riguarda, invece, la necessità di proteggere i segreti commerciali e i diritti di proprietà intellettuale, relativi ai dati elaborati dagli operatori, che vanno oltre i dati GDPR del cliente.

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