Ofi Invest AM: Il 2024 sarà l’anno uno del rame

- di: Benjamin Louvet, Head of Commodities di Ofi Invest AM
 

Lo scorso anno è stato particolarmente difficile per il mercato dei metalli, in quanto un’economia in generale contrazione e l’adozione di una politica monetaria più aggressiva da parte delle maggiori banche centrali ha dirottato molti investimenti verso altre soluzioni; in primis le obbligazioni. Solamente due dei metalli a maggiore capitalizzazione sono riusciti a chiudere l’anno con una performance positiva: l’oro e il rame.

Se il successo del primo si spiega con le dinamiche uniche che lo riguardano, come il suo ruolo di riserva di valore, quello del secondo si spiega grazie alla forte crescita che dal 2015 a oggi ha vissuto la produzione di energia da fonti rinnovabili, in cui il rame viene ampiamente utilizzato per la creazione e lo sviluppo dell’infrastruttura. In particolare, il 2023 è stato un anno chiave in quanto è stata la prima volta in cui gli investimenti hanno pareggiato l’aumento della domanda, che ha portato a una variazione al rialzo dell’85% di energia prodotta dal solare e del 60% di quella prodotta dall’eolico. Ma soprattutto, l’aumento appena citato, pari al 9% in Cina e al 4% in tutto il mondo nonostante le difficoltà economiche, segnala come la domanda di rame (e anche di altri metalli) sia diventata meno elastica rispetto al ciclo dei mercati, in quanto ora sono sostenuti da un trend secolare. È per questo motivo che noi di Ofi Invest AM abbiamo definito il 2023 come l’”anno zero” del rame.

 

Alla luce di questi fattori, le nostre previsioni sono che questo percorso continui anche nel 2024, che, a questo punto, potremmo definire l’”anno uno” del rame, in quanto è proprio dai prossimi mesi che potremmo assistere a un vero e proprio rally del prezzo. La prima ragione a sostegno di questa conclusione è ovviamente il livello delle riserve di questo metallo che è tornato a essere molto basso, ma ce ne sono anche molte altre. Si consideri prima il lato dell’offerta. In molti pensavano che il rame avrebbe fatto registrare un deficit a partire dal 2025, ma numerosi fattori che hanno colpito la catena produttiva dovrebbero anticipare lo scenario. Ci si riferisce ovviamente a quanto si sta osservando in Cile, dove le tensioni geopolitiche hanno impedito che si raggiungesse l’output previsto, ma anche agli eventi di Panama, dove la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale il contratto firmato da Cobre Panama e First Quantum Mineral, il che avrà un peso ingente per l’offerta. Per dare l’idea, l’attività mineraria in oggetto, la quale produce il 2% del rame nel mondo, è stata chiusa e non sarà riaperta almeno fino alle prossime elezioni, in programma per maggio. Infine, a un livello più generale, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha stimato che occorrerebbero 80 nuove miniere per soddisfare in toto la domanda legata alla transizione energetica; inoltre, considerando i tempi tecnici necessari affinché queste siano completamente operative (circa 17 anni), tutti gli investimenti dovrebbero essere messi sul tavolo entro la fine del 2025. La realtà è che, ad oggi, appena una dozzina di progetti sono effettivamente in fase di attuazione.

Le carenze di materiale che derivano da questo scenario si stanno già manifestando, come si può osservare dalle tariffe applicate dalle raffinerie per il trattamento e la raffinazione del rame (note anche come TC/RC), crollate da 84 dollari a 9. Questa profonda contrazione è dovuta all’alto tasso di competitività esistente tra questi player di mercato, che li spinge ad abbassare i rincari per accaparrarsi i contratti e al fatto che la loro capacità è troppo alta a fronte dei bassi livelli disponibili del metallo rosso. Questo secondo fattore è andato progressivamente peggiorando, tanto che le raffinerie cinesi hanno iniziato a cercare di accordarsi per ridurre tutte insieme la loro attività al fine di preservare i loro margini di profitto. Tuttavia, ad oggi non ci sono stati progressi e l’appello rimane lettera morta.

 

Si passi ora al lato della domanda e a come anche qui si possano osservare dei fattori che sosterranno un aumento del prezzo. Il primo riguarda la già citata transizione energetica e l’accelerazione dello sviluppo di nuove tecnologie a basse emissioni di CO2. In Cina, in particolare, si è osservato che tra gennaio e febbraio gli investimenti fatti hanno aumentato di 37 GW la produzione del solare, ben al di sopra delle aspettative annue, e, sebbene due soli mesi non ci permettano di parlare di un vero e proprio trend in corso, se il processo continuasse, potremmo assistere a una crescita della domanda di rame nel paese superiore alle attese, che oggi si attestano tra il 3,5% e l’8%.

A sostegno della domanda vanno poi annoverati anche elementi che prima non erano considerati o che si legano alla nascita di nuovi bisogni. Un esempio su tutti è lo sviluppo della rete elettrica, con molti governi, soprattutto europei, che solo recentemente hanno capito che non svilupparla potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti per la transizione. Ciò andrà a sostenere gli investimenti nel mercato del rame, tanto che Pechino da sola ha stanziato 70 miliardi di dollari lo scorso anno e potrebbe arrivare a 500 miliardi nel 2030.

Infine, è importante osservare che questo metallo riceverà una spinta anche da settori che non sono collegati all’ambito delle rinnovabili. Basta pensare a quanto il rame sia impiegato anche nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, e nell’analisi dei dati. Nello specifico, si stima che per generare un GW in più a sostegno dello sviluppo dell’AI, saranno necessarie tra le 50mila e le 65mila tonnellate di metallo rosso. Supponiamo che gli Stati Uniti, dove si concentra circa la metà del mercato dell’AI, ne incrementeranno lo sviluppo per ulteriori 5 GW ogni anno. Solo questo comporterebbe un incremento della domanda di 500mila tonnellate in tutto il mondo, pari a un aumento del 2%; il tutto in un mercato già molto rigido. Su questo ultimo punto, IFP Énergies Nouvelles ha diffuso dei dati secondo cui, nel 2050, il consumo di rame arriverà quasi ad eguagliare l’offerta massima disponibile sul nostro pianeta (si stima che consumeremo il 90% circa delle risorse ad oggi conosciute). Questo è sufficiente è convincerci che il 2024 sarà il punto di partenza di una rapida ascesa della domanda di rame, che potrebbe portare il prezzo a toccare la soglia dei 30mila dollari a tonnellata nell’arco di due anni (+30%), in notevole rialzo rispetto anche alle nostre previsioni di soli pochi mesi fa.

Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli