USA: Ancora un nero morto per la violenza della polizia

- di: Diego Minuti
 

L'America bianca ci ricasca: un uomo di colore, fermato dalla polizia forse perché sospettato di avere con sé della droga, è morto forse soffocato dopo che, nelle fasi dell'arresto, un agente gli ha tenuto per molti minuti un ginocchio sul collo nonostante le sue grida di aiuto. Anche se l'inchiesta è ancora all'inizio, per la morte dell'uomo, che si chiamava George Floid ed aveva 40 anni, i quattro agenti che hanno materialmente partecipato alle operazioni di fermo sono stati immediatamente licenziati dal Dipartimento di polizia della città di Minneapolis, teatro dell'episodio.

Fatti come questi quasi sempre fanno da miccia allo scatenarsi di proteste alle quali danno il loro contributo non solo persone di colore, ma anche molte di altre etnie, ormai esasperate dai modi dei dipartimenti di Polizia di un Paese che ancora non sembra essersi reso conto che deve cambiare passo, che le discriminazioni non solo non portano da nessuna parte, ma alimentano un clima di perenne lotta sociale.

L'episodio che ha portato alla morte di George Floyd ricorda, sinistramente, quanto accaduto nel 2014 a New York, quando un altro uomo di colore, Eric Garner, morì sempre per soffocamento e sempre durante le fasi concitate del suo arresto. Ora, quale che sia la fondatezza di sospetti ed accuse nei confronti di chicchessia, il ricorso continuato alla violenza fisica da parte di poliziotti americani è una tragica evidenza che l'adozione delle 'body cam' (le telecamere che vengono collocate sul torace degli agenti, per certificarne le azioni) sembra non avere frenato. Ma gli agenti che hanno fermato, per sempre, Floid non avevano delle body cam (che vengono usate anche a tutela degli agenti, talvolta oggetto di accuse di violenza poi smentite dalle immagini) , ma sono stati ripresi da passanti che, armati di telefono cellulare, hanno filmato l'agonia dell'uomo. 

Le scaramucce tra manifestanti contro il comportamento della polizia di Minneapolis e gli agenti non hanno, almeno al momento, scatenato atti di guerriglia, ma sono la conferma che la gente è stanca di comportamenti che vanno ben oltre il lecito esercizio delle proprie funzioni. 

Ma la cosa che deve preoccupare è che la maggior parte di questi episodi di violenza riguardano persone di colore, acuendo la sensazione che le forze di polizia (anche gli agenti neri) abbiano la mano particolarmente pesante contro chi ha la pelle scura. Un pregiudizio che trova conferma anche in quanto accaduto, due giorni fa, a New York, al Central Park, dove una donna, Ami Cooper, infastidita dalle richieste di un uomo di colore (che le aveva solo chiesto di mettere il guinzaglio al suo cane, in un'area dedicata al birdwatching), ha telefonato urlando al '911', dicendo di essere minacciata da un nero. 

Per sua grande sfortuna, l'uomo che lei accusava di tentativo di aggressione stava riprendendo la scena con la telecamera del suo cellulare, ''certificando'' che Amy Cooper si stava inventando aggressione e tutto il resto. 

L'uomo, Christian Cooper (sì, accusatrice ed accusato hanno lo stesso cognome) ha poi detto ai giornalisti che, scorgendo il cane di Amy muoversi senza guinzaglio nell'area dove, ogni mattina, si danno appuntamenti molti appassionati dell'osservazione di volatili, aveva deciso di filmare tutto, per evitare possibili equivoci. Il video che ritrae Amy Cooper ben distante dal suo ''aggressore'' e col telefono incollato all'orecchio per denunciare l'inventato atto di violenza, ha fatto, come si dice, il giro di social e canali di informazione televisiva. 

Tanto che la donna è stata subito sospesa dal suo datore di lavoro, l'agenzia di investimenti Franklin Templeton, che, in un comunicato, ha stigmatizzato il comportamento della sua (ormai ex) dipendente, sottolineando l'avversione a qualsiasi manifestazione di razzismo. Lei, Amy Cooper, si è già scusata, non rispondendo però alla sola domanda che, in casi del genere, conta davvero: ma se Chistian Cooper fosse un bianco, avrebbe simulato comunque l'aggressione?

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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