Sport e Salute, il presidente Cozzoli: "L'inclusione sociale è il nostro primo obiettivo, vogliamo aiutare sia il campione che il debuttante"

- di: Andrea Colucci
 
Sport e Salute S.p.A. è un’Azienda pubblica che si occupa dello sviluppo dello sport in Italia, producendo e fornendo servizi di carattere generale. Con la legge di bilancio per il 2019 ne sono state ampliate le competenze, agendo “quale struttura operativa per conto della autorità di governo, competente in materia di sport”. Nel contempo la stessa legge le ha affidato la gestione di 368 milioni di euro sui 408 del finanziamento dello Stato al settore, mentre i restanti 40 sono andati al Coni per lo sport di vertice e la preparazione olimpica. Può illustrarci brevemente i caratteri portanti della mission di “Sport e Salute’ S.p.A e la sua strategicità nella fitta ragnatela che caratteristica le realtà dello sport di base italiano?
"La nostra missione, direi la nostra ossessione è molto chiara: inclusione sociale, parità dei punti di partenza nell’accesso alla pratica sportiva, lo sport come pilastro educativo della società al pari della scuola. In America, i grandi manager scrivono nel curriculum se sono stati capitani delle squadre nei college o al liceo: è un elemento in più per valutarli dal punto di vista della leadership e del rispetto di alcuni valori. L’attività fisica va anche oltre l’età scolare perché deve coinvolgere gli over 65, mettere in moto una popolazione che già oggi secondo l’Istat conta 20 milioni di praticanti dai 3 anni in su.
L’obiettivo è fare in modo che le risorse pubbliche aiutino sia il campione sia il debuttante. Che siano tangibili, concrete, che siano visibili nei progetti delle federazioni e degli altri organismi sportivi - ai quali chiediamo nel dettaglio il rendiconto delle spese -, nell’impiantistica e anche nella valorizzazione della dimensione economica dello sport: la sport industry va di pari passo agli effetti sociali dell’attività fisica".

Il debutto di ‘Sport e Salute’ S.p.A. è stato accidentato, con la nota polemica tra l’allora Presidente e Ad dell’azienda, Rocco Sabelli, e il Presidente del Coni Giovanni Malagò. Una polemica che ha anche introdotto tensioni in tutto il fitto schema dello sport italiano. Lei è diventato Presidente dalla fine del gennaio 2019. Si è riusciti in questi mesi a spegnere le tensioni, qual è oggi il livello dei rapporti tra ‘Sport e Salute’ e Coni e con le altre numerose realtà organizzative dello sport italiano?
"Stiamo parlando con tutti: federazioni, enti di promozione, discipline associate, organi che rappresentano la grande massa delle società e delle associazioni dilettantistiche. E stiamo parlando anche con il Coni, come è naturale che sia. Via video ahimè, sto conoscendo decine e decine di dirigenti, sono stato invitato a partecipare a numerosi consigli federali. Io registro solo il grande interesse per il progetto Sport e Salute così come è disegnato nella riforma.
Proprio grazie alla riforma abbiamo anticipato di due mesi rispetto al passato il pagamento della seconda tranche di contributi (70 milioni) e penso che questo sia stato molto apprezzato dal mondo sportivo, tanto più in una situazione di emergenza Stiamo comunicando gli indirizzi del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora per una destinazione più razionale e più omogenea delle risorse dello Stato. Ho letto un articolo sulla difficile ripartenza dello sport in Grecia, il Paese delle Olimpiadi, dopo la crisi economica del 2008. Si sono mossi in ordine sparso e ora, dai professionisti ai dilettanti, fanno fatica a riprendersi. Ecco, noi invece dobbiamo fare squadra e con una leale collaborazione possiamo fare dello sport uno dei motori della ripresa".

La sua Presidenza si è trovata quasi subito ad affrontare l’impatto sul mondo dello sport dell’emergenza sanitaria Covid-19, con il blocco delle attività sportive, di base e non, e con pesanti conseguenze economiche per le realtà dello sport di base e di quelle professionistiche e semi-professionistiche. Ma, in generale, cosa è stato fatto e cosa sarebbe necessario fare? In altre parole, cosa chiede al Governo?
"Il governo ha fatto moltissimo per lo sport in questa fase. E con un atto di fiducia di cui lo ringrazio ha chiesto a Sport e Salute di essere protagonista del contenimento del danno. Con il bonus di 600 euro ai collaboratori sportivi la società si è messa in gioco ed ha erogato la misura nei tempi previsti per il primo stanziamento di 50 milioni che valeva per marzo. Adesso allargheremo la platea e confermeremo il bonus anche per aprile e maggio. In maniera ancora più rapida perché abbiamo finalmente il censimento di un popolo di invisibili al quale è stata riconosciuta per la prima volta la dignità di lavoratori di una filiera fondamentale.
Adesso il ministro ci chiede di stare vicino alle associazioni, ai circoli e alle palestre per ripartire in sicurezza, con i protocolli sanitari giusti. E i 17 milioni destinati al programma Sport di tutti andranno ora messi a bilancio per i lavori e le spese della riapertura, come ha indicato il dicastero dello Sport. Per i contributi integrativi abbiamo chiesto espressamente agli organismi sportivi di presentarci la documentazione di come stanno spendendo il denaro pubblico per l’attività di base, oltre che per l’attività di vertice".

In termini di ripartenza del Paese, sia a livello sociale che economico, quale sarà il contributo di ‘Sport e Salute’?
"Come ho detto dal punto di vista sociale penso sarà fondamentale al pari della scuola. Dal punto di vista economico, è l’occasione per ripensare le fonti di finanziamento e non parlo del professionismo. Dobbiamo ottenere una fiscalità di vantaggio per le sponsorizzazioni, immaginare dopo la pandemia un impegno delle aziende molto maggiore anche nello sport di base: tutte pensano a come convertire i loro messaggi e i loro flussi di denaro verso un’economia etica, sociale e sostenibile. Lo sport ha tutte queste caratteristiche. Ho pensato all’idea di un bond pubblico-privato di sostegno alle piccole società, al microcredito fino a 40 mila euro. Le nostre proposte sono finite a Dacca, la capitale del Bangladesh, sulla scrivania del premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus. Lo Yunus Centre è interessato a una partnership con Sport e Salute."  

Non è un mistero che lo sport sociale, l’S Factor come ama chiamarlo il Csi (Centro sportivo italiano), ha vissuto e vive una situazione paradossale: grande nei numeri, piccolo quanto a politiche pubbliche di sviluppo. Con ‘Sport e Salute’ questa situazione a suo parere è destinata a cambiare?
"Penso proprio di sì. Noi puntiamo a definire una sport industry fatta di tante fonti di sostegno: il pubblico, il privato, l’allargamento del numero dei tesserati, la valorizzazione degli asset anche immobiliari di SeS come il Parco del Foro Italico".

Qual è ad oggi il bilancio dell’azienda? Quali le sue entrate e quale, per sommi capi, la destinazione delle uscite e i loro criteri di fondo? A suo parere, di quali risorse avrebbe bisogno ‘Sport e Salute’ per esprimere a pieno le proprie potenzialità?
"Il 22 aprile il Ministro Spadafora ha adottato l’atto di indirizzo di Sport e Salute, che conferma le azioni e l’importante budget messo a disposizione ed aggiorna in modo sostanziale le priorità triennali della Società. Proprio in questi giorni stiamo in tempo record ultimando il nostro piano strategico 2020, che esporrà le linee guida di Sport e Salute e riformulerà alcune priorità e i relativi budget, soprattuto in conseguenza dello straordinario lavoro che abbiamo dovuto e stiamo facendo in piena emergenza covid-19. Approvato il piano potrò dare qualche elemento ulteriore in merito al nuovo business plan e alle azioni strategiche 2020-22".

La centralità data a ‘Sport e Salute’, il rapporto tra l’Azienda che dirige e le Regioni, terza importante gamba dello sport italiano?
"Fare sistema è la nostra priorità. Lo stiamo dicendo in tutti gli incontri a cui siamo invitati o che stiamo promuovendo, facendo presente la volontà della società di essere volano dello sport italiano. In piena emergenza Covid, ad esempio, la sinergia di azioni e la concertazione degli interventi di sostegno ha già permesso di evitare sovrapposizioni e anzi di operare per il meglio, per non lasciare indietro nessuno. La presenza della società è forte nella sua capillare diffusione territoriali, con 129 sedi locali. Grazie a questo network ci attiveremo sui vari livelli di governance istituzionale dello sport, tra queste in particolare le regioni".

Guardiamo fuori dal nostro Paese. Come giudica l’organizzazione dello Sport di base italiano, così ricca nelle sue articolazioni, rispetto a quelle esistenti negli altri grandi Paesi europei? Quali le differenze più marcate sia in termini di organizzazione che di risorse? In media, ritiene che la nostra organizzazione sia meno efficiente ed efficace rispetto, ad esempio, a quelle tedesche e francesi?
"La ricchezza dello Sport italiano è un unicum di cui dobbiamo andare fieri. Il fatto che oltre il 30% dell’associazioni non profit italiano sia sportivo ci deve fare sentire orgogliosi. Esperienze e modelli come quello italiano sono difficilmente riscontrabili all’estero dove, a fronte di una seppur molto qualificata e diffusa attività sportiva di base, non esiste un network di “protezione civile in tempi normali”, come mi piace definire la nostra fitta rete di associazionismo sportivo. Non credo sia giusto fare paragoni, anzi penso che i vari modelli sportivi nazionali debbano sempre di più trovare casa nel contesto delle politiche europee: dobbiamo auspicare che l’Unione valorizzi le peculiarità e sistematizzi le best Practice esistenti".

Un’ultima domanda. Dal 2010 in avanti si è più volte parlato della possibilità di privatizzare ‘Sport e Salute’. È, ad oggi, un’eventualità realistica?
"Nelle proposte che abbiamo fatto per il rilancio dello sport in Italia, ci sono due strumenti: il fondo di venture capital e private equity, aperto a investitori pubblici e privati, che investa nelle realtà più dinamiche, ad alto contenuto tecnologico e il bond sportivo, attrattore di risorse di benefattori pubblici e privati promotore di azioni di crowfunding, destinato a raccogliere fondi e donazioni per sostenere progetti ad alto potenziale di sviluppo in ambito sportivo. Noi stiamo cercando di promuovere gli investimenti e le donazioni al mondo sportivo non perché vogliamo essere partecipati, ma perché vogliamo che chi ha risorse le metta a disposizione, con un adeguato incentivo, per fare crescere e sostenere il mondo dello sport. La nostra mission è pubblica ed agiremo con strumenti agili ed efficaci per fare crescere il più possibile l’ecosistema sportivo italiano".
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