Giustizia, spara per uccidere e poi rapisce la figlia: un anno di carcere ed è fuori

- di: Diego Minuti
 
In queste settimane la Giustizia ha (ri)conquistato intere pagine sui quotidiani che, però, si appassionano a vicende che, dal punto di vista giudiziario, hanno interesse pari a zero. Certo, se si dovesse scoprire che Silvio Berlusconi è stato eliminato, per via giudiziaria, dalla vita politica del Paese, non se ne potrebbe solo prendere atto ed andare avanti, perché confermerebbe che la terzietà degli uomini in toga è solo una enunciazione di principio e non sicuramente una certezza della nostra democrazia.

Fioccano audio (sulla cui ammissibilità nutro, personalmente, qualche dubbio, ma questo non importa), fioccano oggi deposizioni per fatti risalenti a molti anni fa, quando il presidente della sezione di Cassazione che doveva giudicare Berlusconi si sarebbe reso responsabile di pesanti esternazioni sull'ex Cavaliere. Che poi tre testi riferiscano, in deposizioni separate ed ovviamente tutelate del riserbo, le circostanze in cui il suddetto giudice avrebbe insultato Berlusconi usando le stesse, identiche parole e con la medesima costruzione grammaticale deve forse fare riflettere.
Ma oggi, almeno a mio avviso, la Giustizia italiana ha segnato un altro, ennesimo autogol, dopo quelli che hanno consentito la liberazione di boss mafiosi in regime di 41 bis e, aggiungo, anche che Graziano Mesina fuggisse poco prima che fosse confermata una pesantissima condanna a lui che ha 78 anni, tre quarti dei quali trascorsi in galera.

Oggi la vicenda che merita di essere sottolineata per la sua genesi riguarda la scarcerazione dell'avvocato Riccardo Tarotelli, 42 anni, di Sondrio, un nome che ai più suona sconosciuto. È lo stesso uomo (avvocato, ripeto e tra qualche riga spiego il perché io lo abbia ripetuto) che nel giugno di un anno fa sparò all'ex compagna che, copione letto e riletto, lo aveva lasciato, fuggendo subito dopo e portandosi dietro la figlioletta nata dalla loro unione.

Due colpi di pistola: il primo raggiunse alla gola Jessica Maurovich, 30 anni, ex pallavolista; il secondo l'emitorace sinistro, non distante dal cuore. Lasciando l'ex compagna morente sul letto (i soccorsi giunsero in fretta, salvandole la vita), Tarotelli prese con sé la figlioletta, fuggendo e cercando di nascondersi in una baita in Valtellina, dove fu rintracciato ai carabinieri, ai quali si consegnò dopo una trattativa.

Questa la storia, e le accuse di tentativo di omicidio e sequestro di persona (ai danni della figlioletta) sono e restano gravissime, anche perché Tarotelli sparò per uccidere mirando alla gola ed al cuore. Evento non concretizzatosi solo per caso, fatalità o miracolo (la scelta spetta a chi legge). Di fronte a queste quadro accusatorio ed alle evidenze, ci si sarebbe aspettato che Tarotelli rimanesse in galera in attesa del giudizio. Ed invece, a poco più d'un anno dall'episodio, il giudice Antonio De Rosa, gip del Tribunale di Sondrio, ha deciso la scarcerazione di Tarotelli, che, sostiene il magistrato, in galera ha mantenuto un comportamento ineccepibile, collaborando con la giustizia.

Una decisione che bisogna accettare perché si presuppone che il magistrato l'abbia adottata nella totale convinzione che l'imputato è realmente cambiato. La domanda che forse, e certo con malizia, bisogna porsi è se Tarotelli piuttosto che un avvocato (e quindi bene a conoscenza di cosa può indurre un magistrato a magnanimità) fosse stato un altro comune cittadino il trattamento sarebbe stato lo stesso. Ma a indurre a qualche (anzi no, tante) perplessità è il fatto che il magistrato non solo ha scarcerato l'avvocato Tarotelli, quanto non lo ha sottoposto ad alcuna misura limitativa della libertà personale, ad eccezione del divieto di dimora in Friuli Venezia Giulia, dove, una volta guarita, Jessica Maurovich è tornata (è nativa di Trieste) con la figlia per cercare di dimenticare. Quindi, niente domiciliari, niente obbligo di firma o di dimora. Niente, perché in carcere Tarorelli ha fatto il bravo ragazzo.

Nessun dubbio sul fatto che il magistrato abbia rispettato la legge nel decidere il futuro immediato di Riccardo Tarotelli, tornato libero perché altrimenti non si poteva fare. Ma viste le accuse a lui contestate e la dinamica dei fatti sulla quale si basano, forse attivare qualche misura che ne limitasse la libertà di movimento poteva essere adottata.
La prima considerazione, ed anche la più banale, è che la giustizia, che dovrebbe essere uguale per tutti, talvolta, nella cieca applicazione delle sue regole, diventa incomprensibile perché le accuse contestate a Tarotelli sono talmente gravi che è ben difficile cancellarle per il fatto che in carcere ha mantenuto un comportamento ineccepibile. Sparare contro una persona per la quale nutri odio (o forse troppo amore), lasciarla ad un passo dalla morte e fuggire portando una bimba sono cose che è difficile dimenticare solo perché, dopo, con la lucidità di chi conosce i meccanismi della giustizia, ci si comporta bene in carcere, anche perché non si potrebbe fare altrimenti.

Ed ora lo sparatore e rapitore, mentre le sue vittime (l'ex compagna e la figlioletta, accomunate in questo dramma) vivono quasi nascoste, vive normalmente, come se non abbia fatto niente, come se non abbia cercato di rendere orfana della madre sua figlia. E la cosa più paradossale, in questa che è la fiera del paradosso, è che Jessica Maurovich è in attesa che un altro giudice decida chi, tra lei e l'uomo che ha cercato di ucciderla, sia il genitore migliore per la loro figlia.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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