Intervista a Massimo Piparo

- di: Claudia Loizzi
 

La passione per il teatro lo pervade da sempre, con una lunga e intensa carriera come direttore e regista teatrale ma anche come autore e capo progetto di importanti programmi televisivi Rai e Mediaset, fino a firmare la produzione italiana dei più famosi e importati Musical mondiali da Jesus Christ Superstar, a My Fair Lady, e ancora Billy Elliot, The Full Monty, HairSpray, Il Vizietto fino all’acclamato e imperdibile Mamma mia!, tutti rappresentati con grande successo al Teatro Sistina di Roma.

Cosa rappresenta per lei il Teatro Sistina?
Il Sistina per chi fa il mio lavoro rappresenta un traguardo. Il posto in cui sentirsi “laureato”. Un mestiere come il nostro non ha un Albo professionale, non un Esame di Stato…è il campo che ti consacra, la trincea. E il Sistina senz’altro ti dà il “titolo”, uno dei titoli forse più prestigiosi. Recitarci, dirigere un allestimento dà a chiunque sul campo una stella di merito. Addirittura guidarlo 5 anni da Direttore Artistico credo sia quanto di più alto si possa auspicare in Italia nel mondo dello Spettacolo dal vivo.

Quali sono le criticità che il suo ruolo impone, e le sue soddisfazioni?
La prima criticità è quella di combattere contro un “Sistema” Italia che non ha grandemente a cuore la sorte della propria “Industria culturale”. Purtroppo la divisione netta – sia tecnica che economica ma soprattutto morale – tra pubblico e privato rende il Sistina un luogo che deve autoalimentarsi sempre di più con le proprie risorse e la vendita di biglietti. Ciò limita fortemente la libertà creativa e culturale di chi lo gestisce: per fare quadrare i conti bisogna fare incassi molto alti, e per farli ….serve a volte rinunciare a ciò che più “ci piacerebbe” a vantaggio di ciò che “più ci conviene”. Al Sistina non si può sbagliare un colpo: il rischio di fallire è sempre più in agguato. I costi sono aumentati – come del resto quelli della vita di tutti i giorni – mentre il prezzo del biglietto è inalterato da un decennio (quando non si è per giunta abbassato). Il sostegno del Ministero dei Beni Culturali non copre che appena il 15% dell’intero budget vincolando l’attività produttiva del Sistina (attenzione produttiva non già di gestione della Sala che non è più riconosciuta come tale dal Ministero dei Beni Culturali) a parametri numerici tali da dover spendere per intero le somme ricevute. Da altri Enti locali che dovrebbero avere a cuore quello che ormai è riconosciuto come un monumento di Roma, nulla di nulla.

Certamente questo è un peccato perché il Sistina è un gioiello che va preservato come un monumento nazionale, al quale è legata la possibilità per gli spettatori di sognare. A riguardo nella sua lunga esperienza teatrale può raccontarci un suo momento magico legato al Sistina?
Sicuramente la prima volta che lessi il mio nome fuori dal Teatro. Ai tempi di Garinei sopra la pensilina del Teatro svettava un’imponente struttura in tubi innocenti che reggeva le “famose” insegne luminose a neon che riportavano il titolo dello spettacolo e i nomi dei protagonisti. Quando lessi lì fuori il mio nome ho provato credo una delle più belle sensazioni della mia carriera. Decisamente più forte di quando lessi il mio nome per la prima volta nei titoli di testa del sabato sera di Raiuno.

Le rappresentazioni teatrali del Sistina sono state permeate da una costante nel tempo: quella di raccontare l’Italia. E’ ancora così ? E, in caso, come mediare tra il ricordare le radici e l’aprirsi verso orizzonti più internazionali?
No decisamente non è più così. Sicuramente nei 5 anni a mia conduzione – ma già da un po’ di tempo prima – il Sistina ha iniziato a guardare decisamente alle tendenze internazionali rendendo quel Teatro un luogo nuovo e totalmente evoluto nel suo genere e nella sua specificità. Ovviamente non si è mai tralasciato il patrimonio tradizionale italiano sia per quanto riguarda alcuni interpreti di onorata carriera che alcuni titoli sempre molto amati e dal forte connotato nazionale. Ciò che di fortemente italiano valeva la pena conservare e tramandare, non è stato perduto.

Lei ha diretto ed adattato in italiano moltissimi Musical di successo tra cui ,  e numerosi altri. Quali sono state le difficoltà che ha incontrato?
Le normali difficoltà di chi presenta al pubblico una proposta ampia per linguaggi e generi affrontati e soprattutto con confronto diretto con le versioni cinematografiche che- per linguaggio e stile- sono decisamente più fruibili del prodotto “Live”. Dover conciliare le aspettative del grande pubblico – largo nella sua scala di età, esperienza, provenienza – con la qualità e l’alta professionalità, stando sempre attento al “bilancio” finale che deve sempre riportare il segno più.

C’è tra i progetti del Sistina quello di rappresentare nuove commedie musicali, originali Made in Italy?
In questi anni sono stati tentati ben tre esperimenti tutti riusciti di proporre al pubblico qualcosa di inedito, seppur a volte tratto da famose pellicole cinematografiche : “Il Marchese del Grillo”, “Febbre da Cavallo”, “E’ cosa buona e giusta”, sono stati tre prodotti dal buon risultato (eclatante nel caso del Marchese del Grillo) che recavano firme creative tutte italiane per l’adattamento del testo, la scrittura delle canzoni e la composizione della musica. Ciò nonostante bisogna ammettere che la proposizione di opere originali purtroppo non riesce a incontrare sempre il favore del pubblico, sempre più diffidente verso il “nuovo” e sempre meno propenso alla curiosità e alla sete di ricerca.

Opportunità per i giovani: l’Accademia del Sistina. Che tipo di formazione può offrire ad un giovane talento?
L’obiettivo principale è creare nuovi spettatori attenti, curiosi e appassionati. Se poi tra gli allievi semineremo i semi per raccogliere i nuovi protagonisti di domani, il successo sarà stato doppio. E’ una fucina di aggregazione soprattutto, che lega adolescenti (e con loro i genitori) che hanno come comun denominatore la passione per il genere Musical. Da noi si studia dal canto al tip tap, dalla danza classica al circo, dalla musica alla recitazione, all’inglese. Si impara a stare insieme e soprattutto a far convivere i linguaggi musicali e corporei dei giovanissimi di oggi con la tradizione e la tecnica consolidate dal tempo. Un modo per far sentire anche ai giovani di oggi che il Teatro non è una roba “vecchia” e “passata” ma molto viva e attuale e che fa parte in pieno della loro realtà.

Chi sono oggi in Italia gli attori talentuosi in grado di cantare, ballare e recitare?
Il livello degli italiani per il Musical si è alzato tantissimo: oggi a un’audizione c’è l’imbarazzo della scelta e i nostri talenti se parlassero l’inglese sbaraglierebbero il campo anche all’estero dove questo è un lavoro davvero. Io oggi incontro ragazzi alle mie audizioni che sono nati quando già io portavo in giro per l’Italia “Jesus Christ Superstar” in lingua inglese: mi ripetono “io sono cresciuto con i suoi Musical”. Ricordo che quando ho iniziato era quasi impossibile trovare un performer che sapesse ballare, cantare e recitare allo stesso tempo…

Se, guardando anche al passato, potesse realizzare il Musical perfetto chi sceglierebbe nel cast?
Sinceramente non saprei rispondere. Ogni Storia, ogni spettacolo ha la sua specificità e non esiste un attore che possa essere adatto ad un Musical dei sogni.

Nei servizi forniti allo spettatore, anche come struttura e organizzazione, cosa è cambiato e come evolverà il teatro?
Il Sistina adesso ha al centro lo spettatore, non lo Spettacolo. Adesso si produce e si ospita pensando ai segnali che il pubblico ci lancia chiari e nitidi. Non si può più contare sulla cieca fiducia dello spettatore: adesso c’è internet. Ai vecchi tempi in cui il Sistina esplodeva, c’era un solo canale TV in bianco e nero. Youtube, Google e Facebook hanno cambiato tutto. Per quanto riguarda invece la struttura, si è provveduto all’ammodernamento generale dei locali: bagni per il pubblico, camerini nuovi per gli artisti, impianto antincendio, impianti di condizionamento, sistemi di biglietteria, ristorazione, graticcio, palcoscenico. Perfino l’introduzione del servizio di vigilanza per offrire allo spettatore un senso maggiore di sicurezza in tempi così delicati come questi.

Il direttore Piparo ha lungimiranza e tenacia e davvero una grande capacità che solo la passione per una forma d’arte così complessa e affascinante come il teatro può mantenere forte e viva.

Ci auguriamo che le istituzioni possano guardare al teatro, al Sistina, come a una delle più importanti dimensioni della cultura italiana da sostenere anche economicamente, anche nell’ottica di mantenere vivo questo interesse nelle nuove generazioni che rischiano di appiattire i loro processi cognitivi ad una fruizione passiva fatta di sequenze di immagini da tubo catodico, che da sola non può bastare alla crescita culturale di un individuo ma necessita anche di altre forme comunicative più multi percettive e partecipative tra cui, appunto, il linguaggio teatrale.

 
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