Fabi: "Disparità territoriali nelle remunerazioni dei conti correnti"

- di: Redazione
 

La Federazione Autonoma Bancari Italiani ha analizzato le differenze territoriali sui conti correnti del nostro Paese. E dalle valutazioni Fabi, emerge un'evidente disparità a livello regionale, con la liquidità che in Italia non rende in maniera omogenea.

Fabi: "Disparità territoriali nelle remunerazioni dei conti correnti"

Con 5.000 euro sul conto corrente in banca si guadagnano 18,2 euro l’anno a Trento e Bolzano, 15 euro a Firenze, 13 euro a Roma, 11 euro a Milano e Perugia. La stessa somma, invece, frutta appena 6,5 euro a Napoli, 7 euro a Trieste, 8 euro a Catanzaro, Potenza, Genova e Aosta. Poco più fortunati i correntisti di Torino con “incasso” annuo da 8,5 euro. Sui conti correnti ci sono 1.151 miliardi, ma dal 2023 al 2022 si è registrato un calo del 3,6%: i correntisti hanno attinto alle loro riserve per far fronte al caro-vita e hanno spostato una parte della liquidità in forme più remunerative, come i depositi a tempo o i titoli di Stato. La Lombardia ha il 20% della liquidità, il doppio di Lazio e Veneto. Penalizzato il Sud: i rendimenti più bassi in Campania, Calabria e Basilicata (e in Friuli Venezia Giulia).

Ma il Mezzogiorno soffre anche per il mercato del lavoro, con la disoccupazione tre volte più alta rispetto alle regioni settentrionali: una ragazza tra i 15 e i 24 anni in Trentino Alto Adige ha una possibilità su dieci (9,8%) di rimanere disoccupata, mentre una sua coetanea in Calabria ha più di una possibilità su due (51,6%).

Con 5.000 euro sul conto corrente in banca si guadagnano 18,2 euro l’anno a Trento e Bolzano, 15 euro a Firenze, 13 euro a Roma, 11 euro a Milano e Perugia. La stessa somma, invece, frutta appena 6,5 euro a Napoli, 7 euro a Trieste, 8 euro a Catanzaro, Potenza, Genova e Aosta. Poco più fortunati i correntisti di Torino con “incasso” annuo da 8,5 euro. Sui conti correnti ci sono 1.151 miliardi, ma dal 2023 al 2022 si è registrato un calo del 3,6%: i correntisti hanno attinto alle loro riserve per far fronte al caro-vita e hanno spostato una parte della liquidità in forme più remunerative, come i depositi a tempo o i titoli di Stato. La Lombardia ha il 20% della liquidità, il doppio di Lazio e Veneto. Penalizzato il Sud: i rendimenti più bassi in Campania, Calabria e Basilicata (e in Friuli Venezia Giulia). Ma il Mezzogiorno soffre anche per il mercato del lavoro, con la disoccupazione tre volte più alta rispetto alle regioni settentrionali: una ragazza tra i 15 e i 24 anni in Trentino Alto Adige ha una possibilità su dieci (9,8%) di rimanere disoccupata, mentre una sua coetanea in Calabria ha più di una possibilità su due (51,6%).  Il segretario generale delle Fabi, Lando Maria Sileoni: «Tra tassi bancari e questioni legate al lavoro, le famiglie del Mezzogiorno, più penalizzate, sono costrette a fare sforzi maggiori rispetto a quelle del settentrione».

Con 5.000 euro sul conto corrente in banca si guadagnano 18,2 euro l’anno a Trento e Bolzano, 15 euro a Firenze, 13 euro a Roma, 11 euro a Milano e Perugia. La stessa somma, invece, frutta appena 6,5 euro a Napoli, 7 euro a Trieste, 8 euro a CatanzaroPotenzaGenova e Aosta. Poco più fortunati i correntisti di Torino con “incasso” annuo da 8,5 euro. Le banche ad Ancona e Cagliari assicurano 10 euro, mezzo euro in più di BariBolognaCampobasso e Palermo che si attestano a quota 9,5 euro. A 9 euro tondi si trovano Venezia e Pescara. Gli interessi praticati dalle banche sui 1.151 miliardi di euro depositati nei conti correnti – seppur particolarmente contenuti, nonostante l’aumento del costo del denaro portato dalla Banca centrale europea al 4,5% tra il 2022 e il 2023 con 10 rialzi in 14 mesi – non sono tutti uguali nel Paese. Si registrano ampie divergenze territoriali e regionali per nei rendimenti che le banche riconoscono sui “salvadanai” della loro clientela. La classifica delle remunerazioni, dunque, dimostra che, da Nord a Sud, non ci sono le stesse opportunità di guadagno per i risparmi delle famiglie italiane: la media nazionale del tasso d’interesse praticato dalle banche alla clientela per un conto corrente fino a 50.000 euro – a fine 2023 – è dello 0,21%, ma nelle 20 regioni del Paese vi sono livelli assai diversi. Poco conta che le regioni a Sud della Capitale vantino il 25% del portafoglio di liquidità dell’intero Paese, perché non c’è parita di trattamento per tutti i clienti, anche quando si parla di risparmio. Sarà per effetto del rischio o della “bontà” di chi deposita, sta di fatto che la liquidità premiata e apprezzata dalle banche è quella depositata al Nord e nel Centro Italia. I rendimenti migliori si trovano in Trentino Alto Adige, ma è il Centro l’area dove la media dei tassi bancari sui conti correnti è la più alta della Penisola, con un livello pari allo 0,27%.

A quota 0,20% si trovano le Isole e il Nord Ovest, appena sotto il Nord Est con lo 0,19%: più staccate e fortemente penalizzate, invece, le regioni del Sud con un valore dello 0,16%. Più nel dettaglio, nelle regioni centrali i dati sono i seguenti: Toscana 0,30%, Umbria 0,22%, Marche 0,20%, Lazio 0,26%. Nel derby fra isole, la Sardegna, con lo 0,20%, batte di poco la Sicilia (0,19%). Nelle quattro regioni del Nord Ovest, poi, il dato migliore è quello della Lombardia con lo 0,22%, più distante il Piemonte con lo 0,17%, mentre Valle d’Aosta e Liguria sono appaiate a quota 0,16%. Nel Nord Est spicca il primato nazionale del Trentino Alto Adige con lo 0,36%, dato nettamente più alto rispetto a Emilia Romagna (0,19%), Veneto (0,18%) e Friuli Venezia Giulia (0,14%). Fra le sei regioni del Mezzogiorno, l’area complessivamente meno fortunata per i rendimenti sui conti, il dato peggiore è quello della Campania con lo 0,13%; a quota 0,16% si posizionano Calabria e Basilicata, a 0,18% l’Abruzzo, a 0,19% il tandem composto da Molise e Puglia. Restando sempre all’analisi territoriale, e tornando sul fronte dei rendimenti, si scopre che chi vive in Campania guadagna, con un saldo medio annuale di 5mila euro, quasi 12 euro in meno rispetto a chi vive in Trentino Alto Adige. Rispetto al trentino, sette regioni lasciano sul terreno più di 10 euro. Perdita a doppia cifra anche per chi risiede in Friuli Venezia Giulia (11,2 euro) e in Valle d’Aosta, Liguria, Basilicata e Calabria (10,2 euro). In Piemonte, la distanza dal vertice della classifica è di 9,7 euro, mentre è di 9,2 euro in Veneto e Abruzzo. Gli abitanti di quattro regioni – Emilia Romagna, Molise, Puglia e Sicilia – si posizionano a 8,7 euro dalla vetta. Vale, invece, 7,2 euro il divario “subìto” da chi vive in Lombardia e Umbria. Le due regioni più vicine al record trentino sono Toscana (3,2 euro) e Lazio (5,2 euro).

Ma quanti soldi ci sono sui conti correnti e quali sono le regioni più ricche per liquidità? Alla fine del 2023, il saldo totale dei conti correnti delle famiglie italiane si è attestato a quota 1.151,1 miliardi di euro, in calo di 43,5 miliardi rispetto alla fine del 2022: in un anno si è registrata, dunque, una discesa del 3,6% che si può ricondurre da un lato all’inflazione e all’aumento dei prezzi, che hanno indotto le famiglie a utilizzare le loro riserve per far fronte al caro-vita; dall’altro, dalla ricerca di rendimenti più alti, con una parte del denaro spostata su depositi a scadenza o sui titoli di Stato.

Un quinto della liquidità degli italiani è in Lombardia: alla fine dello scorso anno i correntisti residenti nella regione avevano, in totale, 234,4 miliardi pari al 20,4% del totale e al doppio rispetto alle altre due regioni che si posizionano sul podio. Il Lazio con 120,9 miliardi e il Veneto con 105,4 miliardi, infatti, hanno il 10,5% e il 9,2% delle riserve italiane. La classifica prosegue poi con: 97,7 miliardi in Emilia Romagna (8,5%), 90,1 miliardi in Piemonte (7,8%), 87,7 miliardi in Campania (7,6%), 72,9 miliardi in Toscana (6,3%), 60,4 miliardi in Puglia (5,3%), 58,1 miliardi in Siclia (5,1%), 32,1 miliardi in Liguria (2,8%), 30,3 miliardi nelle Marche (2,6%), 28,7 miliardi in Trentino Alto Adige (2,5%), 26,1 miliardi in Friuli Venezia Giulia (2,3%), 25,6 miliardi in Calabria (2,2%), 23,1 miliardi in Abruzzo (2,0%), 22,7 miliardi in Sardegna (2,0%), 14,3 miliardi in Umbria (1,3%). Sotto quota 1%, nel terzetto di coda, si trovano la Basilicata con 10,8 miliardi (0,9%), il Molise con 6,1 miliardi (0,5%) e la Valle d’Aosta con 2,7 miliardi (0,2%).

Nella maggior parte delle regioni, si osserva uno squilbrio, talora più marcato, tra la quota di liquidità dei correntisti e la percentuale della popolazione residente. Tale fenomeno si rileva in senso negativo in particolare nel Mezzogiorno, dove le riserve bancarie non sono in linea con il dato demografico: in Campania (7,6% di riserve contro il 9,5% della popolazione residente), in Puglia (5,3% contro 6,6%), in Sicilia (5,1% contro 8,2%), in Calabria (2,2% contro 3,1%), in Abruzzo (2,0% contro 2,2%), Sardegna (2,0% contro 2,7%) e in Umbria (1,3% contro 1,5%). Basilicata, Molise e Valle d’Aosta mostrano un dato bancario in linea con quello della popolazione residente. Nelle restanti 10 regioni, tutte al Nord o al Centro, invece, la fetta di liquidità nei conti correnti è più alta rispetto alla frazione di popolazione residente: in Lombardia, a fronte del 16,9% della quota di residenti, la liquidità corrisponde al 20,4%; nel Lazio, dove il divario è meno accentuato, il 10,5% della liquidità si raffonta con il 9,7% della popolazione, mentre il Veneto la distanza è di un punto esatto, 9,2% contro 8,2%. A seguire: Emiia Romagna (8,5% contro 7,5%) e Piemonte (7,8% contro 7,2%). Poi tre casi di sostanziale equilibrio: Toscana (6,3% contro 6,2%), la Liguria (2,8% contro 2,6%) e le Marche (2,6% contro 2,5%). Lievemente più marcate le situazioni di Trentino Alto Adige (2,5% e 1,8%) e Friuli Venezia Giulia (2,3% contro 2,0%).

Con l’eccezione della Sardegna e della Basilicata, dove si è registrata una variazione positiva, tra il 2022 e il 2023, rispettivamente di 21 milioni di euro (+0,1%) e di 50 milioni (+0,5%), in tutte le altre regioni il saldo dei conti correnti – 43 miliardi in meno su base nazionale – mostra un dato negativo negli scorsi 12 mesi. Il “buco” più ampio è in Lombardia ed è pari a 13,7 miliardi (-5,5%). Molto più distanti, l’Emilia Romagna con un deficit annuale di 5,4 miliardi (-5,2%), il Piemonte con meno 4,7 miliardi (-5,09%), il Lazio con meno 3,9 miliardi (-3,2%), il Veneto con 3,3 miliardi (-3,1%), la Toscana con meno 3,2 miliardi (-4,3%), la Liguria con meno 1,8 miliardi (-5,4%), le Marche con meno 1,4 miliardi (-4,9%), la Campania con meno 1,2 miliardi (-1,4%), la Sicilia con meno 1,1 miliardi (-2,0%), la Puglia con meno 1 miliardo (-1,8%). Sotto quota 1 miliardo di rosso si trovano sette regioni: 557 milioni in Friuli Venezia Giulia (-2,1%), 552 milioni in Abruzzo (-2,3%), 535 milioni in Umbria (-3,6%), 220 milioni in Trentino Alto Adige (-0,8%), 136 milioni Valle d’Aosta (-4,7%), 97 milioni in Calabria (-0,4%) e 50 milioni in Molise (-0,8%).

Il segretario generale delle Fabi, Lando Maria Sileoni (nella foto), ha dichiarato: "Tra tassi bancari e questioni legate al lavoro, le famiglie del Mezzogiorno, più penalizzate, sono costrette a fare sforzi maggiori rispetto a quelle del settentrione. Gli sforzi che fa un correntista a non veder remunerato il proprio risparmio sono ancora più grandi per le famiglie che vivono al Sud, già colpite dalla sperequazione lavorativa ed economica. I troppi soldi che dormono in banca rappresentano una parte importante della ricchezza del Paese e un guadagno indiretto per gli istituti di credito. Di fronte a cifre così importanti, il conto corrente ben remunerato potrebbe rappresentare un fattore di attrattività per le banche. Tuttavia, se la remunerazione continua a essere considerata solo come un costo, chi ci perde non sono solo la clientela e il fisco, ma anche la banca che rinuncia a opportunità di guadagno, a maggiore raccolta e quindi a risorse da investire nel fronte del risparmio gestito» commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Di là dai tassi non omogenei su base territoriale, è opportuno ribadire che il conto corrente non è solo uno strumento di servizio, per gestire incassi e pagamenti, ma rappresenta, da sempre, anche una forma di risparmio e come tale andrebbe adeguatamente remunerata da parte delle banche che, invece, hanno alzato in maniera più apprezzabile solo i tassi sui depositi vincolati o a durata prestabilita dove, però, ci sono solo circa 300 miliardi di euro, molto meno dei 1.100 miliardi dei conti correnti".

Sono passati quasi due anni dal primo ritocco dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea e continua a essere contenuto il premio sulla liquidità delle famiglie italiane, con divergenze, anche importanti, tra le 20 regioni italiane. Il ritorno dell’inflazione ha consegnato, tra strette economiche e caro mutui, anche un Paese che, purtroppo, non incoraggia il risparmio. Si registrano, a fine 2023, ampie divergenze territoriali per qer quanto riguarda i tassi d’interesse che le banche riconoscono sui conti correnti. Complessivamente, il quadro geografico favorisce le famiglie del Centro e del Nord Est Italia, dove alla clientela viene riconosciuto dalle banche rispettivamente un tasso medio sulla liquidità pari allo 0,48% e allo 0,35%, ma con lo scettro per il premio pagato sui depositi delle famiglie che va al Trentino Alto Adige, dove il tasso raggiunge il picco dello 0,64%. Cattive notizie, invece, per risparmiatori del Sud, con un tasso medio dello 0,29% su tutti i depositi e con la maglia nera della Campania che riconosce solo un tasso dello 0,24% pagato ai risparmiatori. Infine, le banche del Nord Ovest riconoscono in media uno 0,32% sulla liquidità, con un tasso che varia dallo 0,22% della Valle d’Aosta a un massimo dello 0,36% per le famiglie della Lombardia. In media, i tassi passivi sui conti correnti e depositi bancari in Italia si attestano a uno 0,21% per importi fino a 50mila euro fino a un massimo dello 0,63% per cifre superiori a 250mila euro. Per chi ha depositi compresi da 50mila euro e 100mila euro, il tasso raggiunge la media dello 0,27% mentre sfiora lo 0,35% per le somme fino a 250mila euro. La maggiore remunerazione al risparmio delle famiglie è riconosciuta per gli importi più consistenti ovvero per conti correnti e depositi superiori a 250mila euro.

Nel dettaglio, su una media nazionale dello 0,21% per i depositi fino a 50mila euro, le più penalizzate sono le famiglie che risiedono in Campania, dove viene riconosciuto solo lo 0,13%, rispetto ad una famiglia del Trentino Alto Adige, la cui liquidità viene remunerata allo 0,36%. Per questa fascia di importo, le cose non vanno meglio per Friuli Venezia Giulia, dove il tasso di interesse sui depositi raggiunge solo lo 0,14%, seguita dalla Liguria, Valle d’Aosta e tutte le regioni del Sud, dove la remunerazione resta in media nettamente inferiore a quella applicata alle altre aree geografiche e pari allo 0,16%. Restano bassi i tassi del Piemonte (0,17%), Abruzzo e Veneto (0,18%), Emilia Romagna (0,19%), mentre le regioni del Centro Italia vantano tutte valori pari o superiori al 20%: Toscana (0,30%), Lazio (0,26%), Umbria (0,22%) e infine Marche (0,20%).   Passando agli importi compresi tra 50mila euro e 100mila euro, in media le famiglie italiane sono premiate con un tasso di interesse sui depositi dello 0,27% mentre la forbice dei tassi applicata sul territorio nazionale varia da uno 0,15% della Valle d’Aosta – valore più basso in assoluto – allo 0,45% sempre del Trentino Alto Adige. Nella classifica del risparmio più premiato, troviamo subito dopo la Toscana, con lo 0,40% e il Lazio, con un tasso dello 0,35%; seguono, con valori inferiori allo 0,30%, le regioni Sardegna (0,29%), Lombardia (0,28%) e – a parità di tasso – Puglia, Basilicata, Marche e Umbria (pari allo 0,27%). Il peggior valore, dopo la Valle d’Aosta, è registrato in Friuli Venezia Giulia, dove le famiglie ricevono solo lo 0,17% sulla liquidità depositata, accompagnata dal Piemonte, che registra un tasso poco più alto dello 0,18%, e dalla Liguria che remunera i depositi con un tasso di interesse dello 0,20%. Al di sopra della media nazionale ritroviamo una regione del Nord Ovest, ovvero la Lombardia, con un tasso dello 0,28%, e una parte delle regioni del Centro. Tra queste, fa segnare un tasso molto più alto della media italiana, la regione Toscana con uno 0,40%.

La Valle d’Aosta non brilla neanche nella categoria di depositi compresa tra 100mila euro e 250mila euro, con un tasso sui depositi dello 0,19%, mentre il primato – anche in questa categoria – spetta sempre al Trentino Alto Adige, con un premio dello 0,58%, rispetto alla media nazionale dello 0,34%. In fondo alla classifica ritroviamo un’altra regione del Nord Ovest, con il tasso dello 0,22% del Piemonte e la Campania, con lo 0,23%. Anche per le altre regioni del Sud Italia le cose non vanno meglio, registrando un tasso medio (0,28%) inferiore al dato nazionale e passando dai valori più bassi dello 0,25% riferiti alla Calabria, fino ad arrivare allo 0,35% vantato dalla Puglia. Sempre a una regione del Nord Est corrisponde il premio più alto per i depositi delle famiglie italiane superiori a 250mila euro, con un tasso che supera l’1% del Trentino Alto Adige (1,15%) e che si contrappone, in modo incontrastato, al livello medio nazionale dello 0,63%. Anche per questa fascia di risparmio, l’ennesimo record negativo è in capo alla Valle d’Aosta, con un tasso dello 0,37%, seguita dal Piemonte (0,40%) e Liguria (0,41%). A poca distanza ritroviamo il Piemonte, con un tasso dello 0,40%, e il Friuli Venezia Giulia con un premio per la liquidità dello 0,46%; seguono tutte le regioni del Sud Italia, dove la media dei tassi è pari allo 0,48%, quasi la metà rispetto allo stesso valore delle regioni centrali del Paese. Tra queste brilla il Lazio con una remunerazione dei depositi dello 0,86%, seguita dalla Toscana, con un valore che raggiunge lo 0,79%. Infine, ritroviamo, sempre nella stessa area geografica, la regione Marche, con un tasso comunque superiore alla media nazionale (0,69%) e Umbria, che chiude la classifica del centro con un valore pari allo 0,60%.

La classifica dimostra che, da Nord a Sud, non ci sono le stesse opportunità di guadagno per i risparmi delle famiglie italiane. Con 5.000 euro sul conto corrente in banca si guadagnano 18,2 euro l’anno in Trentino Alto Adige, 15 euro in Toscana e 11 euro in Lombardia. La stessa somma, invece, frutta in Campania appena 6,5 euro, 7 euro in Friuli Venezia Giulia e 8 euro in CalabriaBasilicataLiguria e Valle d’Aosta. Poco più fortunati i correntisti del Piemonte che guadagnano circa 8,5 euro mentre le famiglie di AbruzzoMolisePuglia, Sicilia  e Veneto riescono a ottenere tra 9 e 9,5 euro dai conti correnti. Le banche della Sardegna e delle Marche assicurano 10 euro, mentre supera questa soglia di guadagno chi deposita i soldi in Lombardia (11 euro), Umbria (11 euro) e Lazio (13 euro). Premi più alti, nella classifica delle regioni italiane, per chi ha depositi in Toscana – con un rendimento medio di 15 euro – e del Trentino Alto Adige, dove raggiunge il picco di 18,2 euro.

Non solo in banca. Il Sud risulta penalizzato anche per il mercato del lavoro: se il tasso di occupazione media in Italia è salito del 62,1% nell’ultimo trimestre 2023, in crescita rispetto al 60,7% del 2022, permangono forti differenze territoriali. Al Nord, secondo gli ultimi dati Istat, il tasso di occupazione si attesta, a fine 2023, al 69,9% (dal 69% del 2022), con picchi del 70,7% nel Nord Est, dove la provincia autonoma di Bolzano che raggiunge il 74%, la Valle d’Aosta al 71,8% e l’Emilia Romagna al 71,4%. Nel Centro Italia il tasso di occupazione registrato è stato del 66,1%, con la Toscana al 69,3% (in crescita dal 68,6% del 2022) e il Lazio al 63,5% (62,1% nel 2022). Al Sud il livello di occupazione si ferma al 49,1% con l’eccezione dell’Abruzzo che spicca col 62,2%, mentre la Campania risulta fanalino di coda a livello nazionale col 45,3% (seppur in crescita rispetto al 43,4% del 2022), seguito dalla Sicilia al 45,9% (43,2% nel 2022) e dalla Calabria al 47,6% (43,7% nel 2022). Specularmente, se si analizza il tasso di disoccupazione medio annuo a livello regionale, emergono le stesse sperequazioni, fortemente accentuate per alcune segmenti della popolazione all’interno degli stessi territori. Se, in particolare, si considera il tasso di disoccupazione nella fascia più giovane e si distingue per genere, emerge, a esempio, che una ragazza tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro in Trentino Alto Adige ha una possibilità su dieci (9,8%) di rimanere disoccupata, mentre una sua coetanea in Calabria ha più di una possibilità su due (51,6%). Il tasso di disoccupazione medio in Italia si è attestato al 7,8% medio annuo nel 2023, al Nord si ferma al 4,7%, raggiungendo minimi del 4,1% in Valle d’Aosta e Lombardia nel Nord ovest e addirittura del 2,9% in Trentino Alto Adige e del 4,3% in Veneto. In Piemonte e Liguria il tasso più alto, al 6,3%. Al Centro Italia la disoccupazione media ha registrato nel 2023 un tasso del 6,3%, coi minimi di Marche e Toscana (rispettivamente al 5,3% e 5,4%) e il massimo nel Lazio al 7,3%. Nel Mezzogiorno si è registrato, invece, un tasso di disoccupazione medio del 14,3%, col minimo del 7,7% della Basilicata e il massimo della Campania, pari al 17,8%, seguita da Calabria e Sicilia rispettivamente al 16,2% e 16,1%. Nelle regioni meridionali diventa ancora più accentuato anche il gender gap occupazionale: se a livello nazionale il tasso di disoccupazione medio maschile, nel 2023, scende al 7% rispetto a quello complessivo, quello femminile raggiunge l’8,9%.

Inoltre, nel Nord il tasso di disoccupazione femminile è stato del 5,6% medio, con punti minimi del 3,5% in Trentino Alto Adige e massimi del 7,7% in Liguria e in Piemonte, al Centro Italia del 7,6% (minimo nelle Marche al 6,2% e massimo nel Lazio all’8,8%), mentre nel Sud ha raggiunto il 16,7% con la “virtuosa” Basilicata al 9,9% e la Campania che, invece, raggiunge il 21,2%, valore più alto a livello nazionale. Lo stesso vale per le fasce più giovani di età, che risultano penalizzate sul mercato del lavoro nazionale nel complesso, ma che nel Meridione fanno ancora più fatica a trovare lavoro. Il tasso di disoccupazione tra le forze lavoro che hanno dai 15 ai 24 anni si attesta al 22,7%: al Nord si ferma al 15,9% coi minimi in Trentino Alto Adige al 9%e in Friuli Venezia Giulia al 14,1% e i massimi al 20,3% in Liguria e Piemonte. Nelle regioni centrali il tasso registrato è stato del 19,5%, spaziando al minimo delle Marche al 17,7% e i massimi del Lazio al 21,4%. Nel Sud Italia il tasso di disoccupazione tra i più giovani nel 2023 è arrivato al 36,7% in media, col minimo in Abruzzo al 20,6% e i massimi in Calabria, al 44,4% e in Sicilia al 42%.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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