Uno scandalo travolge gli eSport: beccati 37 allenatori-truffatori

- di: Jean Aroche
 
Chi non è cresciuto a pane e consolle troverà forse strano, ai limiti dell'incredibile, che, intorno ai videogiochi o come essi vengano chiamati ora, sia cresciuto un vero e proprio fenomeno che non si limita solo a chi li utilizza, ma anche a chi, al di là dei titolari dei vari copyright, ci mette dei soldini, magari in un giro di scommesse.

Ecco perché, con l'aumento esponenziale del fenomeno, le istituzioni di molti Paesi - ma anche appositi organismi del mondo dell'eSport, istituiti per garantire la correttezza delle competizioni - hanno cominciato ad interessarsi del mondo dei videogiochi anche da un punto di vista giudiziario.

L'obiettivo è quello di evitare che intorno ad una attività ''ludica'', che attrae milioni di persone, con tanto di campionati a tutti i livelli, nascano circuiti anomali, che possano consentire ad alcuni giocatori professionisti di aumentare non lecitamente le loro prestazioni e, con esse, gli introiti che cominciano ad essere elevati.

È di pochi giorni fa la notizia che uno scandalo di enormi proporzioni ha coinvolto i tornei di Counter Strike, uno dei videogiochi più popolari nel mondo degli sport elettronici.
Counter Strike - definito, da chi se ne intende, dinamico e spettacolare - è uno gioco in cui sullo schermo del computer scorrono, in uno scenario in 3D, immagini che ricreano le condizioni in cui si troverebbe un individuo che lotta per la propria sopravvivenza. Counter Strike non è arrivato da poco sul mercato: la prima versione, curata da Valve, risale ad una ventina d'anni fa e da sempre riscuote successo tra gli amanti del genere.

Obiettivo finale (le partite si giocano a squadre di cinque contro cinque) è quello di eliminare gli avversari nel tempo massimo di due minuti. Come tutti i giochi di squadra le mosse di ciascun giocatore devono essere in totale sintonia con quella dei compagni.

La Esports Integrity Commission (ESIC), un organismo indipendente dedicato alle questioni etiche negli eSport, ha sanzionato trentasette allenatori con l'accusa di avere utilizzato un ''bug'' per fornire ai propri giocatori, durante la disputa di partite, informazioni strategiche per ottenere la vittoria.
La Esic ha avuto mano pesante, infliggendo squalifiche della durata da pochi mesi a tre anni, cosa che per i colpiti dalla sanzione avrà pesanti ripercussioni economiche.
Il primo effetto pratico dell'inchiesta - partita prendendo in esame competizione del 2016 - e del suo esito è stato che molti giocatori di Counter Strike hanno reso noto di avere interrotto i rapporti con gli allenatori sospesi.

Sarebbe normale, per chi non ''frequenta'' i videogiochi, chiedersi il perché si possa cadere nella tentazione di barare. La risposta è abbastanza scontata: ormai i tornei hanno premi elevatissimi, tanto che l'élite dei giocatori di eSport guadagna tanto, nell'ordine di svariati milioni di euro all'anno.
E, come si sa, più alta è la posta in palio, più cresce la tentazione di accaparrarsela, anche con mezzi fraudolenti.
Un esempio: prima della fase finale della Fortnite World Cup dello scorso anno, più di 1.200 account sono stati sospesi per imbroglio.

I modi per imbrogliare sono molti. Si possono usare gli ''aimbot'' (programmi che affinano la mira dei concorrenti, aiutandoli nell'eliminare i nemici virtuali), i ''wallhack'' (per eludere le tattiche di individuazione) e ''script'' (che automatizzano i comandi, accorciandone i tempi di esecuzione).
Nel 2018 la squadra peruviana Thunder Predator è stata espulsa dalle fasi di qualificazione di The International, dopo che un suo giocatore è stato pescato mentre utilizzava un mouse programmabile, che gli dava un vantaggio nei confronti degli avversari.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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